MARCO SCATAGLINI
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FOTOBLOG KELIDON

In questo blog fotografico non troverai tante parole, ma tante foto, la narrazione fotografica, con qualche considerazione tecnica e magari qualche consiglio, delle mie uscite sul campo e delle mie esplorazioni. Diciamo che vuole essere una sorta di diario sul campo!

Segni|Signs

8/9/2022

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A fine mese partirà il "crowdpublishing" ufficiale del mio nuovo libro che nel frattempo è cresciuto e si è modificato. Sarà un libro senza parole: nel senso che non ci saranno testi, nemmeno una parola, appunto, se non nel colophon.
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Per un fotografo è sempre un momento molto difficile. Da un lato c'è la caduta dell'adrenalina "da progetto", quella sorta di energia interiore che ti spingeva a star fuori a camminare per chilometri su strade polverose per trovare quel singolo, piccolo elemento significativo in un contesto che sembrava non offrirne nemmeno uno. Dall'altro lato c'è l'ansia "da prestazione": piacerà, convincerà, emozionerà? Domande destinate a non avere risposta finché il libro non sarà tra le mani del lettore che potrà valutarlo.
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In più, c'è da dire che si tratta di un progetto (o, meglio, del primo di una serie di progetti) assai diversi da quelli che ho realizzato sinora. A parte i libri pubblicati con editori vari, da quando ho preso in mano direttamente la creazione delle mie opere ho iniziato con un progetto sul passato, illustrato con foto scattate con fotocamere "vintage" o stenopeiche, comunque a pellicola ("Una Momentanea Eternità"); sono passato poi a un progetto che celebra la bellezza della natura più nascosta, un libro destinato esclusivamente agli iscritti al corso di fotografia Bianco e Nero di "Reflex-Mania" ("La Sapienza delle Rocce") e infine a un progetto che celebra le piante e la loro importanza per l'uomo, interamente realizzato con tecniche alternative analogiche e digitali ("FOTO|SINTESI").
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Ora invece ho deciso di dedicarmi a progetti da un lato più "diretti" e per certi versi semplici ma, com'è noto, la semplicità è la cosa più difficile! Così dopo quattro anni e centinaia di chilometri percorsi a piedi in luoghi tutt'altro che ameni, sono arrivato alla sintesi di circa cento fotografie che costituiscono il cuore del mio nuovo libro "Segni/Signs".

​Il titolo è pleonastico, visto che è appena accennato nel volume. Probabilmente sarà presente solo sul dorso del volume e nel colophon e in verità serve solo per potermi riferire al libro stesso, che è un po' come "l'album bianco" dei Beatles.
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Dei dettagli del progetto e del libro ti informerò più avanti. Diciamo che la prevendita partirà a metà mese, mentre conto di far uscire il libro entro la prima metà di novembre, in tempo per Natale.
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Nel caso fossi interessato al libro, e comunque volessi sostenere il mio lavoro (cosa di cui ti sarei eternamente grato), oltre ad avere il tuo nome tra i sostenitori sul frontespizio del volume che stai contribuendo a realizzare e volessi sin da subito partecipare, puoi già acquistare la tua copia grazie al pulsante PayPal qui sotto e ottenere così, se lo desideri, anche una dedica sul libro stesso oltre alla copia di "Una Momentanea Eternità" e uno sconto di 2,00 € (32,00 € invece di 34,00 €, con spese di spedizione comprese).

L'offerta è scaduta in quanto è ora operativa la pagina del Crowdpublishing, su cui ora puoi andare per acquistare il libro, se lo desideri!
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Insomma, l'avventura è iniziata, spero che tu voglia accompagnarmi in questo viaggio. So che dovrai fidarti di me acquistando sulla fiducia il libro, ma spero davvero possa piacerti. Confesso di esserne particolarmente orgoglioso: è stato difficile realizzarlo, e molto faticoso, ma il risultato è proprio come me lo aspettavo. Sebbene possa subire delle modifiche, grossomodo posso dirti che il libro sarà di 188 pagine, formato A4, copertina cartonata su carta Fedrigoni.
​Un libro essenziale, coerentemente con i contenuti - e il tema del progetto - e con i miei gusti personali, che hanno sempre preferito i volumi di Luigi Ghirri a quelli extralusso di troppi fotografi internazionali. 
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Una radio fotografica

28/8/2022

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Mentre sto lavorando al lancio del progetto di "Crowdfunding" del mio prossimo libro "Signs" (che avverrà a metà settembre), sto anche lavorando ai miei prossimi progetti e in uno di questi (di cui poi ti dirò) si prevede il ricorso alla fotografia stenopeica.

La cosa bella di questo genere di fotografia è che uno, tra le altre cose, può anche costruirsi da solo le proprie fotocamere. Che, se ci pensiamo bene, è un po' l'equivalente della miscelazione manuale dei colori - partendo dai pigmenti naturali - a cui si affidavano i pittori del passato, prima che l'industria proponesse i comodi tubetti già pronti (questi ultimi potremmo considerarli gli equivalenti delle fotocamere digitali: rapidi, efficienti, di alta qualità, ma impersonali).

Ti ho già mostrato il lavoro dietro alla mia fotocamera-barattolo spiegandoti come realizzarla a tua volta, se ne hai voglia. Aggiungo solo che per comodità di trasporto l'ho già modificata, eliminando gli "otturatori" magnetici e sostituendoli con il classico nastro isolante nero da aprire e chiudere.

​Ora voglio parlarti della mia ultima realizzazione. E' la fotocamera più "carina" che abbia mai fatto, considerando che sono davvero scarso nel fai da te!
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Dunque, il fatto è che avevo una radio digitale, di quelle che imitano le radio a valvole nelle forme, e che non funzionava più. Ho subito notato che la struttura esterna, in MDF rivestito a mo' di legno, era molto elegante, così l'ho svuotata e ho pensato di ricavarne una fotocamera stenopeica panoramica nel formato - circa - 12x24 cm (dunque 2:1). In realtà il formato utile è appena più piccolo, circa 10x20 cm, ma comunque non è male.
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Con due pannellini di MDF ho costruito il fondo e la parte frontale della fotocamera, restava il problema di come sistemare la carta fotografica, la superficie sensibile, insomma.
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Visto che nelle fotocamere panoramiche è bene che quest'ultima sia tenuta curva, ho ritagliato una striscia a misura dalla plastica di una cartellina (di quelle da ufficio) incastrandola facilmente all'interno della struttura. Questo funge da "portalastra" per la carta, che sarà leggermente più corta: per questo ho poi collocato due fermi a cui la carta si appoggia rimanendo ferma.
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La plastica curva l'ho rivestita di un "vellutino" adesivo acquistato su eBay (che è anche antiscivolo) e ovviamente ho verniciato di nero l'interno della fotocamera. Grazie a un foro ho fissato l'attacco per il treppiedi.
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Infine ho forato il pannellino frontale per fissarci il "pinhole" e ho creato un semplice "otturatore" con una striscia di MDF che ruota su un perno. Fatto.
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Debbo dire che, sebbene sia sicuramente ingombrante e non leggerissima, si presenta davvero bene. Ora dalla musica e dai radiogiornali si passa alle fotografie, cosa che mi piace anche a livello concettuale!
Il punto debole possono essere le infiltrazioni di luce dalla parte frontale e per questo non mi restava che fare il solito test sotto casa...
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Come si vede ho fissato un bordino sulla lastra frontale con funzioni di battente in modo da ridurre il rischio di "light leaks" (che infatti non ci sono), poi con due elastici il tutto è tenuto fermo. Esposizione circa 30 secondi e vediamo cosa avviene. Per le prove ho usato delle strisce più sottili di quelle che poi saranno utilizzate per le riprese vere.
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Insomma, niente male! Ho solo dovuto smussare l'otturatore che a volte tendeva a vignettare la foto, per il resto funziona tutto alla perfezione...
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La civiltà dell'abbandono

24/8/2022

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Durante la lavorazione del mio progetto "Signs" e del relativo libro (che presto ti chiederò di sostenere con una campagna di Crowdfunding anzi, per meglio dire, "Crowdpublishing") ho trovato, tra le altre cose, molte tracce di quella pratica dell'abbandono che non significa solo "lasciare al loro destino" casali o altre strutture (come le serre qui sopra), ma anche "dimenticare" oggetti, strumenti e veri e propri rifiuti in ogni dove. Sembra davvero che l'essere umano, in qualunque contesto, sia destinato a lasciarsi dietro una scia di scarti, cose che non servono più, ma magari potrebbero essere riciclate.
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D'altra parte son finiti i tempi in cui tutti i materiali impiegati erano per loro natura biodegradabili. Per secoli la logica contadina nella gestione degli scarti è stata quella di gettare tali materiali dalle rupi, nei fossi o addirittura seppellirli. Trattandosi di vetro, ceramica, legno o stoffa - al limite metalli come il ferro - questo non comportava alcun particolare problema. Ma poi sono arrivati la plastica e la gomma: il comportamento delle persone non è cambiato, ma i materiali sì, e anche parecchio. Ora resistono migliaia di anni prima di degradarsi e nel farlo si trasformano in sostanze tossiche. Nel frattempo, comunque, la loro presenza toglie ai luoghi ogni poesia, ogni armonia.
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A volte basterebbe davvero poco. Invece si preferisce un'ostentata indifferenza al piccolo impegno di togliere e portar via dopo l'utilizzo quello che - con una certa fatica - si è portato con sé. E questo vale anche per i sacchetti dell'immondizia (o l'immondizia sparsa) di quando si va al mare o a fare un picnic. Stiamo riempiendo il pianeta di scarti e abbiamo imparato a non prestarvi attenzione.
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Noi fotografi invece non riusciamo a "non vedere", anche perché in fondo il nostro scopo è esattamente di vedere quel che gli altri non vedono. Così a volte una semplice passeggiata diventa un tormento tra bidoni, buste di plastica, copertoni, fazzolettini, bottiglie e quant'altro la gente abbandona senza pensarci troppo su. Andare sino a un Ecocentro costa davvero tanta fatica, pare!

​E il problema riguarda anche i corsi d'acqua, s'intende, in cui oltre ai rifiuti solidi compaiono i nefasti tensioattivi: vogliamo avere i piatti lucidi e puliti e nel farlo scarichiamo nelle preziosissime acqua dei fiumi - già in crisi per la siccità - enormi quantitativi di inquinanti che i depuratori (su cui occorrerebbe investire molto di più) non trattengono che in parte.
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Tempo fa ho trascorso un bel po' di tempo a fotografare le forme singolari - e in effetti affascinanti - di questo cumulo di schiuma nel torrente Olpeta. Non lontano si trova uno scarico abusivo (pratica diffusa un po' ovunque in Italia e non solo) e questo è il risultato, una distesa di schiuma densa che si accumula a strisce, piena di detriti vegetali. Una sorta di piccola opera d'arte astratta, se solo non fosse così devastante. 
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Alla fine è per questo che ho deciso di dedicare il mio progetto ai "segni" che l'uomo lascia nel territorio. Siamo abituati a pensare alle grandi distruzioni, quelle devastanti e spettacolari, ma io credo che siano invece i piccoli sfregi, le piccole "disattenzioni" delle persone comuni quelle che più di tutte ci danno il polso della situazione. Se anche chi vive dei prodotti della terra - come i contadini - non rispetta più la natura che dà a loro (e a noi) di che vivere, la strada verso l'abisso diventa tutta in discesa...
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L'avventura del Paesaggio

20/8/2022

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Vorrei farti partecipe - diciamo: per ora spettatore, poi se lo vorrai anche partecipe - della mia nuova avventura online. Sto infatti lavorando a un progetto fotografico organizzato su diverse pubblicazioni (cioè diversi libri, credo almeno quattro) che intende indagare il rapporto tra l'uomo e l'ambiente attraverso elementi piccoli, comuni, a volte banali.

Ci sono in giro molti progetti importanti che raccontano i mutamenti climatici (ad esempio attraverso le fotografie dei ghiacciai in ritirata in mezzo mondo), o le crisi idriche (con i fiumi in secca), le alluvioni, gli inquinamenti, le distruzioni vere e proprie (dai campi petroliferi alle dighe alle nuove città) e così via.

Grandi fotografi hanno creato mostre importanti sull'impatto delle attività umane sugli ecosistemi naturali del pianeta, ad esempio.

Questi progetti sono indubbiamente straordinari. Ma io mi sono in primis posto l'obiettivo di rendere il progetto stesso il meno impattante possibile, e dunque niente viaggi qua e là, ma solo spostamenti di massimo 50 km da casa. Le foto sono realizzate principalmente camminando e i punti di partenza li ho raggiunti con una motocicletta di piccola cilindrata, al momento il mezzo a motore termico che consuma meno.

Ovviamente - visto che vivo in una zona che è considerata "ben conservata", la Tuscia - non ho potuto riprendere le grandi catastrofi planetarie... O no?
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In verità mi sono presto reso conto che se le grandi e inquinate città della Cina o le aree di estrazione del petrolio grazie al fracking in Canada e negli USA certamente offrono la possibilità di realizzare foto molto spettacolari ed efficaci, anche un territorio agricolo come la Tuscia (Toscana meridionale, Lazio settentrionale, Umbria orvietana) - se solo si scende di scala - mostrava tutta la drammaticità dei cambiamenti avvenuti negli ultimi decenni.

Ben nascosti sotto ettari ed ettari di territorio "verde", per dire, ci sono quantitativi incredibili di pesticidi e diserbanti, pompaggi selvaggi di acqua dai torrenti già inquinati (acqua che torna nei torrenti ancora più inquinata) e poi una miriade di piccoli (o non tanto piccoli) interventi "privati" che rivelano il rapporto oramai incrinato e malato tra l'uomo e la realtà in cui vive.

Il contadino che dopo aver piantato i germogli delle piante da coltivare getta la cassetta di polistirolo in cui erano contenuti nel vicino torrente è il simbolo di una frattura grave, che ha la stessa rilevanza (anche se non la stessa scala) della frantumazione delle rocce per il "fracking".

L'ambiente e il paesaggio non sono più "abitati", ma solo sfruttati.
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E se si mantiene un po' di apparenza di "bello" è solo per sfruttarli anche per il "turismo verde", che di verde ha spesso solo il colore superficiale.

Ho scelto alcuni ambiti specifici - che credo significativi - e ho iniziato a esplorarli, camminando per chilometri e chilometri, per giornate intere, accumulando centinaia di chilometri. Se avessi messo in fila le mie escursioni, avrei potuto pubblicizzarle come impresa importante, raggiungendo - che so - Capo Nord a piedi!

Invece per due o tre giorni la settimana, negli ultimi 5 anni, ho battuto palmo a palmo i luoghi "meno interessanti" di questa terra, per imparare a conoscerla davvero, al di là dei cliché, degli Etruschi e dei Romani, del Medioevo dei borghi "bandiera arancione", delle cupole e delle chiese e della "bella campagna" che sembra quasi l'Irlanda "fòr de porta".

A volte ho trovato conforto nel vedere che non tutto è perduto, ma spesso ahimè ho trovato conferma alle mie paure, e ripenso ad esempio ai cumuli di copertoni di camion e trattori che invadono il letto della forra del Rigomero, tra Vetralla e Viterbo, un luogo straordinario (altrimenti).
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Ora sto preparando il primo dei libri previsti, intitolato "Signs" e credo che il titolo e le foto che contiene ben facciano capire quel di cui parla. Almeno, lo spero.

Infatti nel libro stesso non ci sono parole. Nemmeno una a parte il titolo. Solo foto.

Vorrei che le immagini, pur se scattate nella Tuscia, rendano l'idea di un contesto che in verità è diffusissimo, in Italia e anche in Europa, forse è il più diffuso in assoluto.

Ho deciso di realizzare la pubblicazione di questo primo libro grazie alla tecnica del finanziamento diffuso o "Crowdfunding" e quindi anche al tuo aiuto, spero. Cercherò di raccontarti la mia avventura in questo campo, mostrandoti i progressi e le difficoltà. Non è il primo libro che pubblico grazie al "finanziamento diffuso", anzi ne ho già pubblicati tre, ma stavolta - diciamo - è qualcosa di particolare, a cui tengo molto.
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Ma di questo riparleremo.
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La mia nuova fotocamera. Stenopeica

13/8/2022

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Come sempre le mie fotocamere stenopeiche nascono al Supermercato, nello specifico mentre sceglievo il caffè. Ho visto questa bella scatola di metallo e... come resistere? Dunque ho pensato di creare una fotocamera "pinhole" con tre fori, uno per le ripresi normali e due per quelle decentrate, in modo da correggere le linee cadenti.
Ho già nel mio "corredo" barattoli con due fori, ma a volte non sono sufficienti, mentre con due fori decentrati si può anche esagerare! La prima cosa da fare è realizzare le tre aperture per i fori e verniciare il tutto con lo smalto nero o grigio scuro, come nel mio caso.
Ho anche rimediato una placchetta con la filettatura per fissare poi la fotocamera al treppiedi. Perfetto! Avendo anche una seconda apertura, sarà facile fissarla con una vite e bulloncino al fondo del barattolo...
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Tempo fa, su ebay, avevo acquistato un rotolo di "carta di Spagna", un sottilissimo (frazione di millimetro) film di rame, ideale per realizzare i fori stenopeici. 
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Per creare i "pinhole" utilizzo un ago da agopuntura montato in un "trapano" manuale da modellismo (ma va bene anche un portamine). Gli aghi di questo tipo hanno un diametro fisso (in questo caso 0,20 mm) e sono ideali per creare fori di dimensioni più o meno certe. Quello che ho in uso si vede che ha dovuto "combattere" con lamine più spesse, ma è ancora efficiente!
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Visto che il film di rame è in striscia, decido di realizzare i tre fori su un unico pezzo. Una bella sfida...
La carta di Spagna si buca facilmente anche con l'ago da agopuntura, ma poi bisogna passare la carta abrasiva sulla parte posteriore per rimuovere l'eccesso di materiale e poi "ripassare" il foro con lo stesso ago: questa è l'operazione più difficile, specie quando cominci ad avere un'età...
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A questo punto si fissa all'interno del barattolo la striscia con i fori ​con del nastro isolante nero e la placca con l'attacco per il treppiedi sul fondo, e ci siamo quasi. Manca l'otturatore.
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Opto per tre pezzi di calamita adesiva, quella che si utilizza per realizzare le "calamite da frigorifero" (si trova sempre su ebay), che rivesto di adesivo "feltrato", ma che poi modificherò perché l'adesivo non regge. Bene, ora in Camera Oscura carico la fotocamera con un foglio di carta Bianco e Nero "vintage" (Ferrania di trent'anni fa che uso proprio per i test) formato 13 x18 cm e sono pronto per vedere se è tutto a posto.
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Utilizzo l'esterno del mio garage-laboratorio e l'auto di mia moglie come soggetti. Esposizione di circa due minuti. In effetti i fori sono piccoli (potevano essere 0,30 mm con un tiraggio di 8 cm) ma voglio avere il massimo di nitidezza e dunque accetto che la luminosità complessiva sia decisamente bassa. Vediamo che succede. Ritiro il barattolo e entro in Camera Oscura dove sul lavandino ho preparato due vaschette con sviluppo e fissaggio (non servono quelle fotografiche "vere" data la dimensione dei fogli).
Grandioso: la fotocamera funziona benissimo, non ci sono "light leaks" ed è molto nitida! Un pomeriggio ben speso...
Le due foto sopra sono fatte con i fori superiori, per testare il decentramento. Il punto di ripresa è leggermente diverso ma si nota la differenza del campo inquadrato dai due "obiettivi". Beh insomma, questo è quanto. Magari ti ho ispirato e proverai anche tu a costruire la tua fotocamera "anamorfica" (con la superficie sensibile tenuta curva) e stenopeica...
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Buon Ferragosto!
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Pellicola e Toy Camera. E Roma!

8/8/2022

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Questo è un lavoro di un po' (un bel po') di tempo fa, ma mi piaceva comunque condividerlo. Durante una passeggiata per Roma ho portato con me una fotocamera "toy", la classica Holga 6x6: obiettivo a singola lente (menisco) di resina (insomma, plastica), singolo tempo di scatto, corpo plasticoso e prono ai "light leaks" (ingressi di luce). Il massimo della tecnologia!

Per una volta, invece di utilizzare il mio amato bianco e nero, ho caricato nella fotocamera una pellicola a colori.

Debbo dire che si è trattato di un'uscita puramente sperimentale e senza alcuna pretesa: avevo del tempo per girolonzolare per la Capitale e ne ho approfittato, liberando la mente da ogni aspettativa, progetto o chissà cos'altro. A volte fa dannatamente bene fotografare così, senza aspettative, ma cercando comunque di metterci un po' di creatività. Senza esagerare, diciamo il giusto.
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Sono partito dal Parco Schuster, vicino alla Basilica di San Paolo FLM, dove si trova il monumento ai "martiri di Nassiriya" costituito da 19 menhir (tanti quanti le vittime dell'attentato). Trovo interessante questo controluce e il fatto che l'obiettivo affatto corretto della Holga abbia una distorsione tale che le colonne diventano semicurve. Altro che "pincushion"!
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Tappa successiva Santa Maria in Cosmedin (dov'è la "bocca della Verità"): di fronte oltre alla bella fontana dei tritoni c'è il tempio rotondo di Ercole Vincitore. Il Tevere è a due passi.

Ho cercato di sfruttare le lunghe ombre per dare meno rilevanza alla strada asfaltata: per il resto la sfida è stata di attendere che non passassero auto che, a Roma, è una sfida niente male!

Il fatto di non poter zoomare ma di dover utilizzare il 60 mm della Holga (che sul formato 6x6 cm è un moderato grandangolo) mi ha spinto a trovare composizioni ariose, che tengano conto di un altro aspetto importante di questo genere di fotocamere: sono "nitide" solo al centro, ai bordi sono al di là del pessimo (è questo il bello). Perciò il soggetto importante dev'essere centrale.
​
​Sono tanti limiti, ma sono quelli che poi fanno scattare la creatività... 
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Ponte Rotto con i suoi cormorani e la Sinagoga sullo sfondo offre una delle viste migliori sul Tevere: come resistere?
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Dicevo il Tevere: beh, sul "fiume sacro ai destini di Roma" si potrebbero realizzare mille progetti restando sempre originali, tante sono le chiavi di lettura possibili. Io lo conosco bene: l'ho risalito e disceso tutto in bicicletta (tanti anni fa), dal mare al monte Fumaiolo, traendo dall'impresa una guida (per Iter edizioni) e diversi reportage per riviste. Un'esperienza fondamentale. Insomma, al Tevere gli voglio un gran bene.
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In questo caso mi sono concentrato su Castel Sant'Angelo. Mi piaceva il contrasto tra la scritta "futuro" e il grande passato del monumento...
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In queste due foto vado più sul tradizionale, ma dati i citati limiti della fotocamera, ho sfruttato degli elementi aggiuntivi. Sebbene non particolarmente originale, mi piace particolarmente quella con i rami dei platani, anche perché si adatta alla plasticosità della fotocamera!
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Se uno segue il Tevere, come non "cadere" prima o poi dentro Campo de' Fiori che resta comunque, a mio parere, la piazza più bella e sincera di Roma? Vegliata sempre dalla cupa statua ottocentesca di Giordano Bruno, martire del libero pensiero. Qui ho inserito un cielo con nuvolette che a me intrigava assai.
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Inevitabilmente lo sguardo poi scende sul mercatino che occupa la piazza ogni mattina e mette sempre molta allegria. 
Beh, questa è stata la mia passeggiata romana. Certo non ripetibile con questo caldo, ma chi può, quando arriverà l'autunno, potrebbe decidere di prendere una bella fotocamera "vintage" e provare a fare la mia stessa esperienza. A volte il grano d'argento ti fa cambiare prospettiva...
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L'infrarosso e il passato - Una passeggiata archeologica

28/7/2022

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Sempre per la serie "le mie passeggiate estive", ieri sono andato a verificare un luogo non lontano da casa mia, verso Viterbo. Il torrente che ho seguito ha una discreta importanza storica, sia di epoca romana che medievale, ma a onor del vero non avevo notizie certe di qualche "segno" di tipo archeologico o altro. Diciamo che ero curioso di vedere il contesto naturalistico. L'acqua, però non era molta, il caldo invece notevole.

Ad ogni modo ho deciso di portare con me la mia fotocamera modificata per l'infrarosso (720 nm), considerando che la presenza del sole avrebbe creato ombre e luci potenzialmente fastidiosi. Uno dei vantaggi dell'Infrarosso è il fatto che riesce a "pareggiare" i contrasti di luce, specialmente perché schiarisce la vegetazione e apre le ombre.

​Per fortuna, però, c'erano anche delle nuvole che ogni tanto coprivano il sole e diffondevano la luce.
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Ad un certo punto mi son trovato dinanzi una struttura piuttosto imponente, costituita da alte murature coperte di macchia e da altri elementi che finivano a lambire il corso d'acqua. A causa della vegetazione rampicante, rendere l'insieme era davvero impossibile, così mi sono concentrato su quello che sembra essere un contrafforte di sostegno al probabile ponte di un'antica strada, forse romana. I tronchi degli alberi cresciuti su di esso a contrasto con lo sfondo bianco a causa dell'"effetto di Wood" dell'Infrarosso mi hanno ispirato. Notare come l'acqua, che non riflette l'IR, appaia invece quasi nera.
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A breve distanza si trova il ponte "moderno". In verità dev'essere antico (diciamo medievale) anche questo, ma abbondantemente rifatto, in quanto ancora in uso per farci passare i trattori. Nella foto sopra oltre a questo ponte nota, sulla destra, un'altra parte del ponte antico, anche se poco riconoscibile. Si vede meglio nella foto sotto, scattata avendo il ponte moderno alle spalle.
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Il sito è molto interessante e, proseguendo, incontro diversi ipogei, pareti scavate, passaggi nella roccia, cose che testimoniano antiche frequentazioni. Procedere è faticoso, per il caldo a cui posso far fronte con difficoltà, visto che l'acqua non è molta e non ci si può "fare il bagno".  Ma insisto, raggiungendo quasi le sorgenti. 
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Ad un certo punto, a circa metà del percorso, trovo una nicchia: è molto ben realizzata, con una piccolo passaggio sul davanti, a mo' di "dromos". Credo servisse a ospitare un qualche simbolo sacro, magari una statua. Altri scopi non riesco a  immaginarli.

E' sempre bello trovare queste testimonianze di un passato lontano, immaginare la vita che si conduceva in luoghi del genere, la fatica di chi vi lavorava, la devozione che serviva ad alleviarla in parte. La fantasia tende a volare e l'Infrarosso, che alla fine serve a fotografare una realtà a noi invisibile,  in questo aiuta moltissimo!
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Segni

26/7/2022

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Sto lavorando al mio prossimo libro, che uscirà penso quest'inverno. Farà parte di una serie di pubblicazioni dedicate al paesaggio e in particolare ai piccoli e grandi "segni" che l'uomo lascia nel territorio in cui vive, e che ha già modificato profondamente. Ho sempre visto alcuni di questi interventi come forme di "arte spontanea" ma soprattutto involontaria, e tuttavia significativa del nostro rapporto con i luoghi in cui viviamo. Così, sebbene le foto siano realizzate nel territorio in cui vivo, penso siano rappresentative di ogni altro luogo al mondo.
Il progetto complessivo si intitola infatti "Somewhere is Everywhere": ogni luogo è qualsiasi altro luogo, come sosteneva Zavattini.
Per questo "fotopost" ho selezionato alcune foto che penso possano tra loro essere coerenti e dare un'idea del progetto nel suo insieme. Ma ne riparleremo.
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Lungo il torrente con lo smartphone

24/7/2022

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20 luglio 2022 - Data la temperatura esterna, non posso che dedicarmi a esplorare e fotografare lungo i fiumi e i torrenti della mia zona (la Tuscia o Etruria meridionale). Spesso sono in sofferenza idrica, tuttavia resistono. E la frescura data dalle fronde degli alberi e dall'acqua è impagabile. Così me ne sono andato lungo il torrente Leia, uno degli affluenti principali del fiume Marta, e sono sceso sino alle Spartite, laddove ben tre torrenti (Leia, Biedano e Rigomero) si uniscono: proprio qui si trova l'opera di presa che venne scavata dai prigionieri austriaci durante la Prima Guerra Mondiale e che serve a portare l'acqua alla centrale idroelettrica del Traponzo (come si chiama il corso d'acqua originato dall'unione dei tre torrenti) che si trova proprio sulle rive del Marta. 
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​Per l'occasione ho portato con me quasi solo lo smartphone (uno Huawei P20 Pro), impostato per scattare in RAW e in modalità manuale (ISO 100 tranne alcune volte a 400). Questo perché posare lo zaino e prendere la fotocamera quando si è in una forra, tra acqua e fango, è sempre complicato. Tenuto in una custodia impermeabile lo smartphone è sempre a portata di mano, invece!
Ovviamente mi son dedicato principalmente a riprendere riflessi e giochi d'acqua che mi scorrevano come in un caleidoscopio mentre camminavo vicino al torrente. Il Leia è al momento abbastanza pulito, ma ha conosciuto momenti di notevole inquinamento (è il motivo per cui per anni l'ho evitato) a causa degli scarichi di Viterbo, che lo raggiungevano attraverso l'affluente Urcionio. E lo fanno ancora quando con le piogge i piccoli torrenti si gonfiano trascinando con sé gli scarti della nostra (in)civiltà. La risorsa idrica è così preziosa che trovo assurdo venga "uccisa" in questo modo...
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Tuttavia se le acque sono tornate chiare, i rifiuti portati dalla città al Leia, da questo al Marta e dal Marta al mare, ancora si possono vedere lungo il corso d'acqua, ad esempio incastrati nei cumuli di canne portate dalla corrente.
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A volte i giochi di luce e trasparenze rendono interessante persino i rifiuti...
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L'ombra del fotografo! Camminare in un torrente comporta una certa presa di coscienza dei problemi ambientali del torrente stesso. Ho cercato il più possibile di evitare le parti dove l'acqua è più bassa e si trovano i girini delle rane e dei rospi, preferendo percorrere le rive all'asciutto ogni volta fosse possibile, con passaggi ogni tanto nell'acqua per rinfrescarmi.
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D'altra parte la siccità rende le rive spesso scoperte e addirittura, in alcuni punti, trasformate in mosaici. La foto sopra è fatta con una mirrorless e non con lo smartphone.
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Alle Spartite incontro le acque limpide del Biedano e del Rigomero. Qui passava un'antica strada romana, secondo alcuni si tratta della via Clodia, come testimoniano i resti di ponti. Quello sopra è il moncone di ponte rimasto sulle rive del Rigomero.
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E quello sopra è il poco che rimane del ponte sul Biedano. Piccoli scampoli del passato che comunque regalano sempre belle emozioni.

​​La mia avventura è quasi finita. Per il ritorno decido di passare all'esterno della forra. Prima mi faccio il bagno vestito: all'arrivo sono perfettamente asciutto. Maledetti 40°!
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