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FOTOBLOG KELIDON

In questo blog fotografico non troverai tante parole, ma tante foto, la narrazione fotografica, con qualche considerazione tecnica e magari qualche consiglio, delle mie uscite sul campo e delle mie esplorazioni. Diciamo che vuole essere una sorta di diario sul campo!

Viaggio fotografico nella steppa

24/9/2022

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Una parte importante del mio progetto "Segni/Signs" si basa sulla cosiddetta "steppa agraria", uno degli ambienti oramai più diffusi in Europa. Si tratta dunque del "segno" più forte che l'uomo ha lasciato sul pianeta e a sua volta contiene infiniti altri segni, rappresentati dai lavori che, con ciclo annuale, vi vengono compiuti.
La steppa agraria è spesso un ambiente oramai quasi morto, anche se potrebbe sembrare il contrario. In fondo vediamo colline all'infinito che diventano verdi in primavera, e che sono colme di prodotti che servono al nostro sostentamento.
Ma per ottenere tutto questo - a differenza di un tempo - si impiegano prodotti chimici, fertilizzanti, strumenti meccanici che alterano la struttura del suolo, inquinano le falde, non lasciano spazio alle piante e agli animali selvatici.
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Il termine "steppa", in effetti, va preso anche in senso ironico. La vera steppa, ad esempio quella artica, è infatti un ambiente naturale in cui vivono organismi adattati alle condizioni estreme che vi si incontrano, mentre nella steppa agraria lo scopo è quello di permettere la sopravvivenza a un solo tipo organismo: le piante scelte dall'uomo per la propria alimentazione.
Così spesso nel verde dei campi di grano è impossibile vedere anche solo un papavero, figuriamoci insetti come le farfalle. Le stesse api sono oramai in pericolo, nonostante la loro utilità per l'uomo.
​
Dunque questo paesaggio così romantico, ordinato, affascinante spesso nascondo un'anima di morte, e risulta insostenibile nei tempi lunghi. Il terreno si impoverisce, ma nel mondo la produzione di fertilizzanti azotati è in crisi per il sovrasfruttamento. E la crisi idrica di quest'estate ci ricorda che l'acqua è un bene che può scarseggiare e in questa agricoltura industriale di acqua ce ne vuole molta, moltissima. Anche perché sono state introdotte coltivazioni - come il kiwi o il mais - che ne richiedono quantità importanti.
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L'agricoltura tradizionale, in Europa come nel resto del mondo, è concepita per adattarsi alle condizioni dei suoli e del clima. In tal modo è molto resiliente, e nei millenni è sopravvissuta a innumerevoli crisi, semplicemente adattandosi.
Ma l'agricoltura industriale si basa sul principio opposto: pretende che sia il territorio e l'ambiente ad adattarsi alle sue esigenze. Così si coltivano aree desertiche (come negli USA, dove il fiume Colorado non riesce a far arrivare in mare la sua acqua, tutta prelevata e portata altrove) o si eliminano boschi e siepi che intralciano i lavori meccanizzati e che invece costituiscono una preziosa riserva di biodiversità. 
L'agricoltura industriale non tiene conte delle stagioni, e nemmeno delle esigenze delle piante - già modificate nel corso del tempo, oggi sempre più spesso a livello genetico - ma vuole ottenere nel minor tempo possibile un prodotto abbondante, anche se a volte di scarsa qualità.
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In tal modo l'agricoltura - a cui dobbiamo la nostra sopravvivenza, non dimentichiamolo mai - da fondamentale risorsa si trasforma troppo spesso in serio problema ambientale. Nel mio progetto fotografico ho cercato di trovare tracce "simboliche" piuttosto che immagini in grado di mostrare i gravi disastri che può certo provocare.
Se aguzziamo gli occhi, basta una passeggiata in qualsiasi campagna per capire dove stia il problema. E magari immaginare la soluzione, che non deve ricadere sui singoli coltivatori - loro stessi vittime del "sistema" - ma essere affrontato a livello di sistema.
​Non sarà facile, dati gli interessi in gioco. Ma se la prospettiva deve allungarsi oltre il contingente, temo non avremo poi molta scelta...

Se vuoi sostenere il mio progetto preacquistando una copia del libro, puoi andare nell'apposita pagina di questo sito. Grazie!
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