MARCO SCATAGLINI
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                                   SEGNI/SIGNS

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​Il segno come icona, traccia, indice, simbolo è l'unico "contenuto" celebrato, reiterato e declinato nella purezza del suo valore semiotico, rinunciando a una narrazione e a una documentazione contingente  che avrebbero avuto il retrogusto del già visto. Ma è segno per antonomasia anche il "contenitore", il tramite: la fotografia.
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Manuela Costantini - "Fotografare" n° 35 (gen.-feb. 2023)
Il mio progetto "Segni / Signs" e indaga un ambito minore - ma non certo poco importante - dei territori del nostro paese e forse del mondo.

Oggi l'uomo è un consumatore e vive allo stesso modo il territorio in cui abita. Come fotografo ho deciso perciò di indagare "le cose piccole" (anche se a volte non poi così
piccole), che ritengo siano più esplicative e significative di quelle “grandi”.

Mi sono anche ispirato alle “sculture involontarie” dei Surrealisti (e di Brassai in particolare): opere d’arte che non nascono certo per essere tali - anzi - ma che alla fine svolgono la stessa funzione di un’installazione o una scultura, appunto, cioè rivelare qualcosa dell’autore e della sua visione del mondo. 

​O della sua indifferenza verso lo stesso.

Nel Progetto l'attenzione è posta - come suggerisce il titolo - ai segni più o meno rilevanti che possiamo incontrare sul territorio e che ci ricordano come l'uomo tenda sempre a trasformare il contesto in cui vive. Magari si ritiene che le tracce piccole o apparentemente insignificanti abbiano scarsa importanza nel contesto del dramma climatico e ambientale globale, eppure sono il segnale di qualcosa che si è rotto, di una trascuratezza che è culturale, oltre che reale.

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Dal progetto ho tratto una prima tiratura limitata  di un libro
che puoi acquistare (ne restano poche copie) utilizzando il pulsante PayPal qui sotto.

​Il costo del volume è di 34,00 € comprese le spese di spedizione.


Il progetto 

Da molti anni cammino per chilometri, da solo, per le strade di campagna, o dei paesi, o delle cittadine dell'area in cui vivo, la Tuscia, un territorio compreso tra la Toscana meridionale, l'Umbria e il Lazio settentrionale.  In tal senso mi considero un praticante dell'Odologia (da hodos = strada, cammino), la "scienza" inventata dal teorico del paesaggio John Brinckerhoff Jackson prendendo in prestito un termine  di Kurt Lewin che, in quanto psicologo, lo utilizzava per definire lo spazio vissuto di un individuo. E le due accezioni mi sembrano molto coerenti.

Vivo e lavoro a Tuscania (provincia di Viterbo) e il primo obiettivo che mi sono posto pensando a questo progetto è stato di ridurre al minimo l'impatto ambientale. 

Perciò non sono praticamente mai andato oltre i 50-60 km da casa (il più delle volte assai più vicino) e ho scelto, dopo aver rottamato la mia auto, di utilizzare per raggiungere i diversi punti di partenza esclusivamente una moto di piccola cilindrata, che consuma pochissimo carburante. Ma soprattutto, come detto, ho camminato. 
Nulla di eroico, come certe imprese che vedono i camminatori raggiungere a piedi Capo Nord, anche se come chilometraggio complessivo a conti fatti siamo lì. Solo uscite giornaliere, ma molto lunghe e piuttosto frequenti. Almeno due o tre giorni la settimana, per dieci o venti chilometri, su strade che attraversavano ambienti e paesaggi in cui apparentemente non c'era niente di interessante. 

Ma è stato il "non interessante" a interessarmi, invece: ed è quello che ho cercato di fotografare. Perché spesso noi fotografi più che impegnarci a "vedere" ci limitiamo a "cercare" i nostri soggetti, e questo spesso è una limitazione.

Insomma, ho voluto raccontare i dettagli minimi, le piccole "installazioni" spontanee, i segni che l'uomo lascia quando popola un territorio. In tal senso le foto del progetto non hanno alcuna connotazione geografica specifica: potrebbero esser state scattate in qualsiasi altra parte d'Italia, d'Europa o degli USA, affini per pratiche agricole o abitative.
Foto
Si tratta in fondo di un tipo di ambiente antropizzato estremamente diffuso, in paesi come l'Italia o la Francia addirittura il più diffuso. Pur ampiamente modificato e plasmato da tre millenni di intensa attività umana, viene spesso percepito come "naturale" e "intatto", sebbene specialmente dagli anni '60 in poi sia stato pesantemente modificato: semplicemente le persone nemmeno si rendono conto di quanto sia diverso da quello di un tempo!

"Signs", perciò, indaga i segni, i dettagli, le "opere d'arte involontarie" che gli umani creano continuamente. 

Possono essere piccoli interventi (una recinzione, un muro, una casetta, un abbeveratoio o le tracce che il trattore lascia sulla terra nuda) o anche  grandi modificazioni, ma nel dettaglio quella che potremmo definire l'artisticità c'è sempre, anche se il progettista o l'artefice non ne ha tenuto conto, non l'ha nemmeno previsto.L'arte è  nello sguardo dello spettatore, o del fotografo che l'agevola.

Possiamo vedere questi elementi se non come "cose belle" almeno come "spirito del tempo", come Zeitgeist della modernità. Sono installazioni che potrebbero denotare la trascuratezza, a volte la vera e propria sciatteria delle persone, delle amministrazioni pubbliche o delle grandi società nei confronti dell'ambiente, ma io ho cercato di avvicinarle come se fossero davvero opere di un artista sconclusionato. Volevo riabilitarle invece di condannarle. O almeno ​prima di condannarle.
Infatti anche se ci arrabbiamo per l'auto abbandonata in mezzo ai campi, per le recinzioni di plastica o i brutti capannoni che sorgono ovunque, sono pur sempre espressione di un'umanità che vive sul territorio, anche se magari ha smesso di amarlo e rispettarlo, e pensa semmai a sfruttarlo al massimo.
Foto

Alcune delle foto sono offerte come stampe Fine Art in collaborazione con SAAL Digital.
Se vuoi guardare la galleria e magari ordinare una stampa, ti basta cliccare sul pulsante qui sotto!
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