MARCO SCATAGLINI
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FOTOBLOG KELIDON

In questo blog fotografico non troverai tante parole, ma tante foto, la narrazione fotografica, con qualche considerazione tecnica e magari qualche consiglio, delle mie uscite sul campo e delle mie esplorazioni. Diciamo che vuole essere una sorta di diario sul campo!

La civiltà dell'abbandono

24/8/2022

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Durante la lavorazione del mio progetto "Signs" e del relativo libro (che presto ti chiederò di sostenere con una campagna di Crowdfunding anzi, per meglio dire, "Crowdpublishing") ho trovato, tra le altre cose, molte tracce di quella pratica dell'abbandono che non significa solo "lasciare al loro destino" casali o altre strutture (come le serre qui sopra), ma anche "dimenticare" oggetti, strumenti e veri e propri rifiuti in ogni dove. Sembra davvero che l'essere umano, in qualunque contesto, sia destinato a lasciarsi dietro una scia di scarti, cose che non servono più, ma magari potrebbero essere riciclate.
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D'altra parte son finiti i tempi in cui tutti i materiali impiegati erano per loro natura biodegradabili. Per secoli la logica contadina nella gestione degli scarti è stata quella di gettare tali materiali dalle rupi, nei fossi o addirittura seppellirli. Trattandosi di vetro, ceramica, legno o stoffa - al limite metalli come il ferro - questo non comportava alcun particolare problema. Ma poi sono arrivati la plastica e la gomma: il comportamento delle persone non è cambiato, ma i materiali sì, e anche parecchio. Ora resistono migliaia di anni prima di degradarsi e nel farlo si trasformano in sostanze tossiche. Nel frattempo, comunque, la loro presenza toglie ai luoghi ogni poesia, ogni armonia.
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A volte basterebbe davvero poco. Invece si preferisce un'ostentata indifferenza al piccolo impegno di togliere e portar via dopo l'utilizzo quello che - con una certa fatica - si è portato con sé. E questo vale anche per i sacchetti dell'immondizia (o l'immondizia sparsa) di quando si va al mare o a fare un picnic. Stiamo riempiendo il pianeta di scarti e abbiamo imparato a non prestarvi attenzione.
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Noi fotografi invece non riusciamo a "non vedere", anche perché in fondo il nostro scopo è esattamente di vedere quel che gli altri non vedono. Così a volte una semplice passeggiata diventa un tormento tra bidoni, buste di plastica, copertoni, fazzolettini, bottiglie e quant'altro la gente abbandona senza pensarci troppo su. Andare sino a un Ecocentro costa davvero tanta fatica, pare!

​E il problema riguarda anche i corsi d'acqua, s'intende, in cui oltre ai rifiuti solidi compaiono i nefasti tensioattivi: vogliamo avere i piatti lucidi e puliti e nel farlo scarichiamo nelle preziosissime acqua dei fiumi - già in crisi per la siccità - enormi quantitativi di inquinanti che i depuratori (su cui occorrerebbe investire molto di più) non trattengono che in parte.
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Tempo fa ho trascorso un bel po' di tempo a fotografare le forme singolari - e in effetti affascinanti - di questo cumulo di schiuma nel torrente Olpeta. Non lontano si trova uno scarico abusivo (pratica diffusa un po' ovunque in Italia e non solo) e questo è il risultato, una distesa di schiuma densa che si accumula a strisce, piena di detriti vegetali. Una sorta di piccola opera d'arte astratta, se solo non fosse così devastante. 
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Alla fine è per questo che ho deciso di dedicare il mio progetto ai "segni" che l'uomo lascia nel territorio. Siamo abituati a pensare alle grandi distruzioni, quelle devastanti e spettacolari, ma io credo che siano invece i piccoli sfregi, le piccole "disattenzioni" delle persone comuni quelle che più di tutte ci danno il polso della situazione. Se anche chi vive dei prodotti della terra - come i contadini - non rispetta più la natura che dà a loro (e a noi) di che vivere, la strada verso l'abisso diventa tutta in discesa...
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