Nato a Boston il 7 dicembre 1932 (Massachussets), Paul Caponigro è uno dei maggiori fotografi americani di paesaggio della sua generazione. Per oltre settant'anni ha esplorato le bellezze del mondo intorno a lui, dedicandosi a soggetti molto diversi tra loro, dalla spiritualità di siti come Stonehenge o dei megaliti irlandesi a quella dei giardini giapponesi, sino alla bellezza altrettanto spirituale e metafisica delle foreste del New England. Si tratta infatti di uno di quei fotografi che basano la propria visione sugli aspetti recettivi piuttosto che su quelli meramente descrittivi: le sue riprese rivelano sempre il lato nascosto - se vogliamo misterioso - dei luoghi, senza fermarsi mai all'aspetto superficiale che essi mostrano a chi li avvicina senza la necessaria sensibilità. I punti di contatto con Ansel Adams sono piuttosto evidenti, a cominciare dalla sua passione per la musica. Come Adams, anche Caponigro da giovane voleva fare il pianista, per poi dedicarsi alla fotografia, non certo come ripiego ma come strumento di condivisione delle proprie emozioni, riconoscendo al contempo che la musica (che non ha mai smesso di praticare) lo ha aiutato a connettersi con la bellezza e magia del mondo. Si può dire che in qualche modo le sue fotografie, apparentemente silenti, hanno in verità un "suono" o almeno un'intonazione sonora. Grande maestro della stampa analogica - in questo vicino ancora una volta ad Adams, di cui rappresenta sicuramente l'erede più noto, essendo di trent'anni più giovane - Caponigro a sua volta ha lasciato in eredità al proprio figlio John Paul Caponigro (fotografo piuttosto noto negli USA e non solo) la capacità di aprire la mente e guardare con occhio limpido ai soggetti, vedendoli per davvero. Quello in cui Caponigro si differenzia da Adams è sull'accento posto non tanto sulla tecnica - comunque fondamentale - ma sempre e comunque sull'ispirazione, che quando arriva va seguita senza esitazioni, in autentico spirito Zen. "Non devi fissarti troppo con la tecnica" sostiene, "in fondo è parte te. Sistemi il treppiedi, fai una lettura esposimetrica, sei pronto a cogliere l'occasione. Se impari la tecnica, questo ti aiuta a non sforzare troppo la mente, a non distrarti".Non c'è, per Caponigro, un modo giusto di fare le cose:"resta tranquillo e pronto, lascia il rumore dei pensieri dietro di te quando esci di casa. Essere esattamente dove sei ti aiuta a fare le scelte giuste". Ultimo fotografo della "Landscape Photography" americana più classica a essere ancora in vita, Caponigro a suo tempo è stato anche un innovatore, creando un'iconografia che partendo da Adams arrivava a sfiorare le "bizze" più o meno filosofiche e Zen di Minor White, mantenendo però un sano equilibrio tra la necessità di mostrare la propria sensibilità e comunicare le proprie sensazioni, e quella di un controllo della tecnica che fosse comunque magistrale. E le sue stampe, prive del rigore a volte eccessivamente formale di Adams, ma anche degli eccessi spiritualistici di White stanno a dimostrarlo in modo chiaro. Anche la scelta di soggetti non canonici per i fotografi di paesaggio degli anni '50-'80, come i citati megaliti o i giardini giapponesi, dimostra la sua capacità di non fossilizzarsi in un ambito che potremmo definire accademico, esplorando invece territori nuovi, carichi di suggestione e possibilità creative. Caponigro rappresenta davvero l'archetipo del fotografo che non ha bisogno di scegliere tra tecnica e cuore, riuscendo a tenerle assieme in modo armonico, controllandole con sapienza e anche con semplicità. Non c'è praticamente mai spettacolarizzazionefine a se stessa nelle sue foto, che vivono invece di inquadrature curate, luci scelte con sapienza e naturalmente stampe che restituiscono un'ampia gamma di grigi, o che a volte ne fanno a meno per esaltare dei dettagli. Se questo post ti è piaciuto, potresti valutare di iscriverti alla mia newsletter per non perderti nessuno dei prossimi post di Locus in Fabula o Kelidon.
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