MARCO SCATAGLINI
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I mondi incantati di Sir Simon Marsden

30/8/2020

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Alla maggior parte delle persone - e dei fotografi - il nome di Simon Marsden dirà poco. In effetti, il fotografo britannico è noto soprattutto in patria e in alcune realtà diciamo "collaterali" alla fotografia, ma più legate al mondo dell'esoterico. 
Perché Marsden è stato il fotografo dei fantasmi, delle "presenze", del mistero. Non riprendeva i luoghi come essi appaiono alla vista, ma li trasformava in qualcos'altro, attraverso un uso accorto dell'Infrarosso e delle tecniche di stampa.
Foto
La gran parte dei fotografi che abbiamo esaminato sin qui sul blog, ha sfruttato i luoghi e i paesaggi per creare narrazioni legate alla realtà, in una sorta di "giornalismo paesaggistico" che è davvero lontano dall'ispirazione di Marsden. O forse no?
A pensarci bene, anche nelle foto di Marsden c'è la narrazione dei luoghi, di determinati luoghi, visti attraverso la propria personale sensibilità e il fatto che la "narrazione" non sia legata fortemente al contingente, al quotidiano o addirittura alla cronaca, non significa che non sia comunque in qualche modo "vera". 
Foto
Secondo la scuola di estetica filosofica denominata "atmosferica", i luoghi (e i paesaggi) possiedono appunto un'atmosfera, un qualcosa che spinge l'animo umano a reagire in modi che travalicano la cultura del singolo ma diventano "universali". Insomma, se ci sono nuvole grigie e piove, troviamo che questa situazione esprima "tristezza" o "malinconia", a prescindere dal fatto che in quel momento siamo felici e contenti, o che apprezziamo o meno la situazione.

​Il concetto di tristezza "appartiene" a quella condizione atmosferica (ovviamente sto banalizzando). Ecco, i luoghi che Marsden fotografa sono, per loro natura, misteriosi e affascinanti, esprimono l'idea dell'abbandono, della presenza di entità misteriose, della magia. Sono luoghi che sollecitano la nostra immaginazione, che attivano la nostra fantasia: castelli solitari e diruti, chiese abbandonate, abitazioni nobili in decadenza, ruderi sommersi di vegetazione. Romanticismo a piene mani.
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Marsden non fa altro che lasciarsi coinvolgere pienamente, esaltando nelle proprie foto queste caratteristiche, grazie all'utilizzo di una pellicola mitica, e purtroppo non più prodotta dal 2007, la Kodak HIE (High Speed Infrared). Non essendo dotata di uno strato anti-halo, la HIE produce un evidente diffusione delle alte luci, oltre ai tradizionali effetti dell'Infrarosso, come l'effetto Wood (il biancore della vegetazione). 

Marsden utilizzava non un normale filtro IR, ma un filtro rosso scuro (Wratten #25) in modo da mantenere una certa dose di luce visibile e aumentare la profondità delle sue foto. Inoltre era un maestro della stampa analogica e con accorte mascherature otteneva le stampe per cui divenne famoso.
Foto
Viaggiava in giro per il mondo, scattando fotografie che rivelavano il lato nascosto di realtà tra loro molto diverse: la Francia, l'Irlanda, l'Italia (con foto intriganti di Venezia o nei Giardini rinascimentali), la Russia, gli USA... Anche luoghi ben noti e fotografati apparivano trasmutati dalla fotocamera magica (una Nikon F2) di Marsden.
​

Attraverso numerosi libri e un ben nutrito archivio, il fotografo britannico ha nutrito la nostra fantasia, lasciandoci sognare di mondi alternativi, paralleli e misteriosi. Esattamente come a tanti scrittori di Fantascienza o Mistero, anche a lui non venne mai perdonato questo allontanarsi dalla realtà e dal quotidiano: considerato da molti solo un manipolatore, un fotografo "kitsch", commerciale e barocco, non privo di una certa "puzza sotto al naso" per il suo essere di origini nobili, è stato spesso ignorato. Per fortuna, però, ha avuto anche tanti ammiratori, tra cui il sottoscritto.
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Personalmente ho scoperto Marsden leggendo un articolo su una rivista britannica a cui ero abbonato, era il 2006 o giù di lì. Feci immediatamente delle ricerche, perché il suo modo di riprendere i luoghi mi affascinava e stimolava la mia fantasia. Da allora son sempre stato un avido praticante della fotografia all'Infrarosso che per me rappresenta un altro modo di guardare alla realtà, e non già un suo "tradimento"...

                    Per tutte le foto: Copyright Simon Marsden

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La Stimmung e Roger Fenton

23/8/2020

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Secondo George Simmel, autore di uno dei saggi più importanti sul paesaggio, non basta che su un dato pezzo di terra ci siano "cose" naturali e "cose" forgiate dall'uomo perché si possa definire il tutto "un paesaggio". "La natura, che nel proprio essere e nel proprio senso profondo, ignora l’individualità, viene trasformata nella individualità del «paesaggio» dallo sguardo dell’uomo, che divide e configura in forma di unità distinte ciò che ha diviso" sostiene il filosofo tedesco. 
Foto
Perché si possa parlare di paesaggio, per Simmel, occorre che l'ambito di osservazione sia delimitato, reso "maneggevole" da confini ben precisi. Ma non basta, occorre anche che vi sia un principio unificatore attorno cui la realtà semplicemente percepita possa venir organizzata, e questo principio Simmel lo definisce "Stimmung", parola intraducibile in italiano ma che grossomodo indica uno "stato d'animo" una "tonalità emotiva", un "umore". 
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Lo Stimmung è parte integrante del paesaggio che guardiamo, non una nostra proiezione, e può identificarsi con quella che - anche nel parlare comune - viene chiamata "atmosfera": c'è addirittura una branca di studi filosofici che si occupa della "Atmosferologia", sviluppata soprattutto da due ricercatori sempre tedeschi, Hermann Schmitz e Gernot Böhme e ripresa in Italia da Tonino Griffero.

In effetti l'atmosfera così intesa è quasi un "oggetto" concreto, e ce ne possiamo rendere conto se pensiamo che può essere costruita e modificata, cosa che fanno abitualmente molti professionisti che progettano il paesaggio o gli ambienti dove viviamo, come anche centri commerciali, negozi, locali pubblici. In tutti questi luoghi si cerca di fare in modo - grazie alle forme e alle luci - di creare una determinata atmosfera, utile magari a favorire gli acquisti, o il benessere di chi li frequenterà.

Per Böhme la nostra percezione del paesaggio è essenzialmente percezione di atmosfere, perciò ancor prima di distinguere i singoli elementi che stiamo osservando, noi percepiamo unitariamente la Stimmung, la tonalità generale di una certa scena che non è solo una proiezione del soggetto, dunque indipendente da quel che si percepisce, quanto un incontro tra soggettività e oggettività. Le atmosfere sono parte integrante del paesaggio osservato e il bravo fotografo paesaggista (venendo agli argomenti che più ci interessano) dovrebbe essere in grado di coglierne l'essenza, riuscendo poi a trasmetterla agli altri.
Foto
Molti fotografi si sono concentrati sul messaggio insito nel paesaggio (come abbiamo visto), o lo hanno studiato, quasi dissezionato, alla ricerca di una impossibile oggettività (e su questo torneremo), mentre relativamente pochi hanno inteso dedicare la propria attenzione alle atmosfere, se non in modo superficiale e retorico, come avviene in tanta fotografia di paesaggio "spettacolare" che vediamo online, che gioca sulla trasmissione di "atmosfere" semplici e immediate. 

Viceversa autori come Luigi Ghirri hanno magistralmente interpretato la Stimmung dei luoghi ripresi, ed è su quella che hanno incentrato la propria attenzione.

Un altro nome che mi viene in mente, tra i grandi classici è Roger Fenton (1819-1869) - le cui foto illustrano questo post - che per motivi anagrafici appartiene alla schiera dei pionieri della fotografia e operò in piena epoca vittoriana, facendosi in qualche modo portavoce di uno spirito romantico che vedeva nel paesaggio e nella natura un'ammonimento alla nostra piccolezza e caducità, nonostante le conquiste della tecnologia che quei paesaggi andava trasformando e a volte distruggendo.
Foto
Fenton è famoso per le sue fotografie realizzate durante la Guerra di Crimea (1853-56) che, per motivi sia tecnici che "politici" vennero giocate sui ritratti in posa e su foto di paesaggio dopo la battaglia. Tra l'altro la foto iconica di Fenton, "La valle delle Ombre della Morte" (che esiste almeno in un paio di versioni), è una chiara dimostrazione di come la fotografia di paesaggio sappia raccontare proprio grazie all'atmosfera. Il luogo solitario e brullo, la luce quasi accecante e le palle di cannone sparse in terra possiedono una capacità evocativa fortissima.
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Fenton, comunque, era un grande  fotografo di paesaggio e architettura, generi ai quali si dedicò con passione e grande abilità tecnica, in un'epoca in cui ancora imperava il collodio umido, una metodologia che obbligava il fotografo a stendere l'emulsione sensibile subito prima della ripresa, e a sviluppare la lastra subito dopo. Un vero incubo!
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Fenton, da buon britannico, aveva una spiccata sensibilità per "l'atmosfera" dei paesaggi, e nonostante le difficoltà pratiche, girava la Gran Bretagna (e non solo) con il suo carro-camera oscura per cercare soggetti adeguati, da riprendere concentrando la propria attenzione proprio sull'aspetto "atmosferologico". In tal senso, guardando le sue opere si può percepire appieno lo spirito di un'epoca, e sarebbe un grave errore giudicare le sue foto con gli occhi di oggi. 
​

Ma guardandole invece con mente aperta, ne possiamo riconoscere il fascino e percepire tutto un mondo scomparso da tempo, eppure ancora presente in questi scatti, realizzati faticosamente e con notevole abilità manuale.
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    Sono un fotografo e un autore di saggi sulla fotografia (e non solo). 

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