Quando nel 1925 venne presentata, alla fiera di Lipsia, la mitica Leica con i suoi negativi 24x36 mm, la gran parte dei fotografi la ritennero inadatta a fare lavori "seri". Troppo piccola la superficie del negativo per ottenere stampe di qualità, meglio il 6x6 o il 6x9 o addirittura formati maggiori! All'epoca imperavano fotocamera grandi e impegnative, come la Ermanox utilizzata da Erich Salomon per immortalare i politici nei loro "incontri segreti" o la Graflex a soffietto, un vero comodino dotato di obiettivo. I fotografi che intuirono subito le potenzialità del piccolo formato faticarono non poco a superare l'ostilità di editori e agenzie, che esigevano negativi grandi, "di qualità", con l'idea che le foto sarebbero apparse più incise, una volta pubblicate. Presumo sia (anche) per questo che Henri Cartier-Bresson se ne uscì con la famosa frase "la nitidezza è un concetto borghese": insomma un orpello, una decorazione, qualcosa di superficiale, una sovrastruttura che nulla ha a che fare con il valore della foto stessa. Ad ogni modo poi il 24x36 mm ha vinto la sua battaglia, complici i miglioramenti tecnologici, e anzi oggi viene considerato il formato "grande", quando parliamo di sensori digitali. E' vero che esistono fotocamere digitali con sensori molto più grandi, il cosiddetto "super Full Frame" utilizzato ad esempio da Fuji e Hasselblad, ma sono costose e riservate davvero a una nicchia, viceversa il "Full Frame" è considerato lo standard professionale, quello in grado di dare l'agognata qualità alle nostre fotografie. Dunque, per uno strano gioco del destino, oggi il formato Leica gioca il ruolo del fratello maggiore e sono i formati più piccoli (a cominciare dall'APS-C) a recitare il ruolo di formati "inadatti". E' un vecchio vizio dei fotografi quello di inseguire la qualità tecnica, a volte dimenticando quella intrinseca, creativa, culturale o anche artistica delle foto. E questo anche se non si cerca di imitare Ansel Adams con stampe piene di dettaglio. Come sempre questa tendenza ha un costo, anche ambientale. Produrre il silicio - componente base dei sensori - richiede grandi quantità di energia, e molta energia serve anche per la produzione del sensore vero e proprio e più il sensore è grande (e cresce anche l'elettronica che deve supportarlo) più l'impatto ambientale è alto, come in tutte le cose. Ovviamente non parliamo certo di un problema grave come le emissioni dell'industria o dei trasporti, ma ad ogni modo con la superficie di un sensore Full Frame si possono produrre quattro sensori Micro 4/3, otto sensori da un pollice e così via. Ma non solo: è tutta la "catena" produttiva della foto che con sensori piccoli ha un'impronta ecologica più bassa, e in effetti questo è intuitivo. In genere non si hanno "montagne" di megapixel da gestire, si producono file leggeri che sono facilmente lavorabili con computer anche non modernissimi e che poi occupano poco spazio una volta immessi in Rete. Ma ci sono aspetti prettamente fotografici che dovrebbero farci prendere in considerazione i piccoli sensori e parlo di quelli davvero piccoli: inferiori a 1" (un pollice, 13,2x8,8 mm). Sensori di 6x5 mm (6,17x4,55 per la precisione se parliamo di sensori da 1/2.3"), ad esempio, come quelli presenti negli Smartphone, nelle Action Cam, nelle Superzoom. Consumano poca energia, si scaldano poco e oggi riescono a creare fotografie straordinariamente di qualità. Ma la cosa più importante è quello che possono aggiungere alle nostre foto. Basta considerare le loro caratteristiche come dei pregi e non dei difetti: una notevole profondità di campo a parità di angolo di campo o una texture dovuta al rumore ma anche alla "grana" stessa del sensore che dà alle foto un qualcosa di analogico. Certo, deve piacere: a me piace molto, ad esempio! Inoltre gli obiettivi utilizzati sulle fotocamera a sensore piccolo hanno una luminosità straordinaria ma un ingombro e peso irrisorio se pensiamo alla lunghezza focale: ci sono bridge superzoom (come le Panasonic) che montano obiettivi da 24-600 con un diaframma fisso di f/2.8 su tutta la gamma. Sai quanto peserebbe un obiettivo 600 mm f/2.8 per il Full Frame? Per non parlare del costo. Ma, mi dirai, vuoi mettere la qualità? Senza dubbio. Ma considera che le foto fatte a 600 mm con questo tipo di fotocamera (ma anche le riprese subacquee col fish-eye possibili con una Action Cam o quelle aeree con un drone) non esisterebbero altrimenti, sia perché non tutti possiedono (o possono permettersi) un teleobiettivo "vero", sia perché comunque non se lo porterebbero in giro, magari andando in bicicletta o in escursione. E una foto che esiste è sempre di qualità migliore di una che non esiste! Inoltre alcune di queste fotocamere comunque fanno ottime fotografie utilizzabili anche per buoni ingrandimenti, e dunque valide per il 90% dei potenziali utilizzi. Naturalmente a patto di dedicare un po' di attenzione ad alcuni aspetti, che elenco qui sotto.
Ora, ti potrebbe sembrare che davvero il ricorso a certe fotocamere (o allo smartphone) come strumento di lavoro serio sia ai limiti dell'accettabile. In effetti riconosco che tanto questi "device" sono progettati per essere utilizzati "senza pensarci troppo su" tanto per usarli bene occorre invece prestare attenzione a mille dettagli, neanche fossero dei banchi ottici!
Ma personalmente è questo quel che mi affascina: ottenere buoni risultati superando i limiti della fotocamera e sfruttandola al massimo, e nel contempo risparmiando sulle spese di acquisto, dando un piccolo (ma tutto fa) contributo alla salvaguardia dell'ambiente. Io fossi in te ci fare un pensierino. Oltretutto pescando online puoi trovare offerte nell'usato a prezzi stracciati, e con poco ci si può divertire. Ma attento: a volte si crea dipendenza!
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