MARCO SCATAGLINI
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Il senso di Marco per la quiete

26/10/2020

4 Commenti

 
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A parte la citazione indiretta di Peter Høeg (e del suo romanzo "Il senso di Smilla per la neve") inserita nel titolo, questo breve post serve proprio a ragionare su quello che noi fotografi cerchiamo... nella fotografia. Credo che i più siano interessati soprattutto a raccontare - la propria vita, le proprie passioni o interessi - mentre altri cercano un modo per esprimere idee, sensazioni, addirittura emozioni. In tal senso, è ovvio che il tutto sia legato principalmente a una sorta di "autorappresentazione", cosicché davvero "ogni fotografia è l'autoritratto del fotografo che l'ha scattata" come sosteneva Robert Capa.

Ma c'è secondo me una variante a quest'ultimo modo di intendere e concepire la fotografia, ed è il suo utilizzo come strumento per cercare - e auspicabilmente trovare - quel che spesso non si ha, intendo interiormente. In tal senso la fotografia è anche una specie di terapia, di strumento necessario a sopravvivere o comunque a vivere meglio. Credo che per me sia stata (e sia tuttora) soprattutto questo. Come dico sempre, la fotografia mi ha salvato la vita, nel senso che l'ha resa migliore, e di gran lunga.
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Ho sempre percepito il mio mondo interiore come - diciamo - "magmatico", in perenne subbuglio, decisamente incasinato. I pensieri, le riflessioni, le emozioni sono in perenne lotta tra loro e per lunghi anni non sapevo bene come gestire la cosa, anche perché ero giovane e inesperto, come si usa dire.

Quando ho scoperto la fotografia "seria" - visto che poi fotografo da quando avevo dieci anni o poco più - ne ho subito verificato le qualità taumaturgiche, come si trattasse di una meditazione, o di un calmante, di un ansiolitico ecco. Per risolvere i problemi del mondo, David Henry Thoureau consigliava di uscire a fare una passeggiata: secondo me se oltre a passeggiare si fotografa, si sfiora la perfezione! 

Ci riflettevo proprio l'altro giorno mentre ero sul lago di Bolsena col mio amico Roberto, ed eravamo intenti a fotografare questa superficie lucida e immobile, vero "speculum coeli". I laghi (e l'acqua in generale) in quanto specchi naturali che riflettono la vastità del cielo, erano considerati sacri dalle antiche popolazioni in quanto riflettevano - di fatto - anche le "sembianze delle divinità", che non puoi guardare direttamente, ma che riflesse diventano accessibili. Nel riflesso del cielo, la divinità parla, comunica, si mostra; in quella perfezione che non è diretta ma mediata l'uomo può scrutare profondità altrimenti negate. Per questo - anche oggi, in un'era positivista e materialista, i laghi danno un profondo senso di pace. E per questo mi piace fotografarli, inseguendo quella quiete così difficile da raggiungere, ma che grazie a una fotografia posso almeno "percepire" e in parte fare mia.
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Molti trovano nel mare sensazioni simili. Io, che sono cresciuto in una cittadina di mare, non ho mai pensato fosse così: il mare è troppo vasto - e di rado davvero calmo - per svolgere la stessa funzione di un lago, sebbene possa senz'altro ispirare forza, energia, larghezza di pensiero.

Da quando vivo a Tuscania non sono più andato al mare (o quasi) ma spesso vado sul lago di Bolsena. Dispiace vederlo a volte maltrattato, sporcato e vilipeso da uomini troppo freddi e distaccati per ammirarlo con gli occhi del poeta o del fotografo, ma tuttavia rimane sempre fonte di ristoro per gli occhi e, certo, sorgente di profonda quiete...
4 Commenti
Marco
26/10/2020 19:12:50

Ciao Marco. la tua frase iniziale mi ha colpito "Credo che i più siano interessati soprattutto a raccontare - la propria vita,". Ebbene credo che raccontare la propria vita significhi fare un grande sforzo per ricercare all'interno di se stessi le emozioni forti (sia positive che negative ma più le negative) e ancora più sforzo per metterle in una fotografia. Io ci sto riflettendo e vorrei farne un racconto fotografico.

Risposta
Marco Scataglini
26/10/2020 20:15:02

Ciao Marco, diciamo che io intendevo dire che ci sono due approcci (che possono essere "mixati", è ovvio), quello narrativo (quasi da reportage) e quello emozionale. S'intende che tenere assieme tutt'e due gli aspetti sarebbe il massimo, come mi pare d'intuire vorresti fare tu. Ma certo, non è facile ;-) Grazie pr il commento!

Risposta
Giuseppe
27/10/2020 09:21:15

Ciao Marco come sempre i tuoi scritti sono molto interessanti e inducono riflessioni

Risposta
Marco Scataglini
27/10/2020 16:53:26

Grazie Giuseppe ;-)




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    Sono un fotografo e un autore di saggi sulla fotografia (e non solo). Per oltre 15 anni ho collaborato con le più importanti riviste di viaggi e turismo, pubblicando oltre 200 reportage. Oggi mi occupo di fotografia creativa, alternativa e irregolare, sia analogica che digitale, e sono un ricercatore di “cose interessanti” da raccontare, soprattutto nel campo della fotografia, dei luoghi, della natura e dei paesaggi, anche grazie alle tecniche dello Storytelling.


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