Il fotografo "stenopeico" non vive mai tranquillo. Mai. Ogni oggetto che possa anche solo apparire a tenuta di luce, viene subito esaminato per decidere se ricavarne o meno una fotocamera. Spesso acquisto cose solo per la scatola che le contiene. Così, venerdì scorso ero al supermercato e mentre esaminavo lo scaffale dove si trova il caffé, noto un bel barattolo di Orzo solubile "Orzoro". A onor del vero io cerco di boicottare la Nestlé e tutti i marchi del genere, tuttavia non potevo resistere: da troppo tempo cercavo un barattolo di forma ellittica e non cilindrica, e magari di dimensioni generose, per creare una fotocamera di grande formato, anamorfica ma non troppo. Per poco più di un euro potevo esimermi dall'acquistare la scatola... pardon, l'orzo? Ma ripartiamo dalla fine. Sabato mattina sono andato a fare qualche foto con la nuova fotocamera di cui ora parlerò. Senza spostarmi troppo, ho raggiunto la chiesa (secondo me bruttina, ma di un brutto interessante) di Borgo Rio Secco, nella tenuta di Respampani a Monteromano. Un soggetto facilmente accessibile e che si presta. Per far capire quanto è grandangolare la ripresa, mi basta dirti che io non potevo vedere tutta la chiesa, e la cima del campanile la potevo scorgere solo alzando lo sguardo. L'effetto panoramico è poi aumentato dal fatto che la foto è anamorfica, l'immagine è cioé proiettata non su una superficie piana, ma curva, e dunque le linee verticali sono parallele mentre quelle orizzontali sono curve. Un effetto che a me piace e che ricorda appunto le foto panoramiche digitali ottenute con la tecnica dello "stitching". Magari si adatta meglio a foto non architettoniche, ma è questione di gusti. La "fotocamera" è dotata di due fori, uno normale e uno decentrato, per poter riprendere soggetti a forte sviluppo verticale senza inclinarla: qui ho appunto utilizzato il foro decentrato, ottenendo una foto corretta dal punto di vista delle linee di fuga. Fin qui gli aspetti tecnici. Ma debbo dire che ci sono volte in cui la spinta iniziale (direi primordiale) per realizzare delle foto è in realtà legata alla voglia di costruire una nuova fotocamera. Spesso dopo un paio di utilizzi finisce la sua carriera, ma comunque il piacere di averla costruita rimane. E allora, torniamo alla mattina della spesa al supermercato e vediamo come, appena tornato a casa e aver svuotato il barattolo (ora dovrò bere orzo freddo per mesi), mi son messo all'opera per renderlo un "oggetto fotografante"! Bisogna dire che il barattolo è di cartoncino relativamente leggero e dunque occorre utilizzarlo con una certa cura, altrimenti si corre il rischio di danneggiarlo. La sua forma schiacciata è l'ideale per tenere curva la carta fotografica Bianco e Nero - cosa che diminuisce la vignettatura e ottimizza la resa del foro - senza arrivare però all'estremo dei barattoli normali, in cui ovviamente la carta sensibile di fatto è un semicilindro. Forse non l'ho detto, ma in questo genere di fotocamere si utilizza la normale carta fotografica BN, quella per le stampe in camera oscura. Per le mie prime prove ho utilizzato carta "vintage" Ilford e 3M scaduta da trent'anni. Tanto per non fare mai una cosa normale. L'interno del barattolo, color argento, va dipinto di nero opaco, meglio se con una bomboletta spray. Se non lo si fa, c'è il rischio di veder comparire dei riflessi sulla foto, che a volte non sono spiacevoli, e infatti ho delle fotocamere senza questo trattamento, e debbo dire che qualche risultato di pregio l'ho ottenuto. Se non si vuole utilizzare la vernice, si può anche fissare all'interno del barattolo un foglio di carta nera, magari fissandola con del biadesivo. Il passo successivo è ovviamente quello di ricavare le finestrelle dietro cui poi fissare i fori stenopeici. Uso il plurale perché in genere preferisco realizzare fotocamere che consentano il decentramento, ma questo è utile quasi solo se si decide di fotografare soggetti architettonici, altrimenti un foro centrale basta e avanza. E' sottinteso che volendo si possono raddrizzare le linee cadenti con un software come Photoshop o Lightroom, considerando che il negativo di carta va per forza digitalizzato, se non ci si accontenta della semplice stampa a contatto che, in questo caso, sarà al massimo un 13x18 cm o un 16x20 cm, i formati che accetta la fotocamera "Orzoro". Ad ogni modo, che sia una sola o due, le finestrelle è bene che siano sufficientemente ampie, per evitare vignettature, ma non troppo per evitare che il foro sia troppo esposto. Un rettangolo di circa un centimetro per uno e mezzo andrà benissimo. E ora veniamo alla parte più delicata: la realizzazione dei fori. Quello sopra è il mio piccolo "Kit" di accessori per lavorare la lamina di metallo, che sia un pezzo di alluminio tratto da una lattina o - come nel mio caso - una lamina di rame di quelle per lo sbalzo, poco importa. Si assottiglia al centro la lamina stessa e poi si fora con un ago: io uso un ago da agopuntura, di diametro fisso (0,20 mm) e visto che non volevo sbattermi troppo a cercare altri diametri ho accettato un diametro non ideale (ci voleva almeno 0,30 mm) che comunque porta a foto più nitide. Oramai siamo i dirittura d'arrivo: ho montato i due fori all'interno delle finestrelle ricavate sul corpo della scatola, e ho rivestito quest'ultima di nastro telato, sia per irrobustirla, sia per renderla più resistente alla luce, ed esteticamente accettabile. Il tappo di plastica giallo l'ho rivestito di nastro isolante nero per prevenire "light leaks" e il gioco è fatto. Come otturatori ho utilizzato il classico sistema dei due pezzetti di nastro isolante nero, che e possibile bloccare grazie a due pezzetti di velcro in posizione aperta. per collegare la fotocamera al treppiedi utilizzo una tavoletta di legno su cui ho fissato un attacco femmina tolto a una fotocamera, tenuto in posizione con due elastici. Ed è così giunto il momento di fare un bel test: presa la moto sono andato a Borgo Rio Secco. Date le scelte fatte all'inizio (il foro non ideale), il diaframma della fotocamera è ben f/400 (80 mm di tiraggio diviso il foro 0,20 mm) e visto che la carta fotografica ha una sensibilità di solo 6 ISO, anche col sole pieno di una mattina di luglio il tempo di esposizione è stato di oltre un minuto! Ma i risultati sono stati più che buoni. Con il formato 13x18 cm si può inserire il foglio anche in verticale, per soggetti a forte sviluppo verso l'alto (negativo a destra nella foto sopra) ma a me interessa in particolare il formato "grande", circa 16x20 cm (ricavato da un foglio 18x24 cm) della foto d'apertura (il cui negativo è quello a sinistra nella foto sopra). Per concludere è stata una bella esperienza, che mi ha fatto trascorrere piacevolmente il fine settimana: non so se utilizzerò ancora la fotocamera (penso di si), ma costruire da soli qualcosa e poi ottenere dei risultati interessanti è parte del fascino incredibile della fotografia stenopeica. Ti lascio con un'altra foto realizzata a Rio Secco e che a me piace molto: il campanile ripreso dal basso con le nuvole nel cielo. tempo di esposizione 45 secondi. Come in tutte le foto di questo genere si nota la trama della carta, che essendo in questo caso vecchia e conservata anche male, ha una sorta di texture assai strana (che non so spiegare) ma che mi intriga assai! Se vuoi saperne di più sulla fotografia stenopeica, ti ricordo che su Amazon è disponibile (al prezzo di una colazione con cappuccino e cornetto) il mio EBOOK "Guida alla fotografia stenopeica". Se invece vuoi scaricare il file PDF di questo articolo per leggerlo con calma, lo puoi fare dal link qui sotto!
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