COVID permettendo, si avvicina il periodo in cui si vanno a fare gite e gitarelle, viaggi e viaggetti o addirittura delle "vacanze". Dunque una riflessione "fotografica" su questo aspetto della vita sociale secondo me vale la pena farla. Ovviamente molto personale - come ovvio - e anche magari poco condivisa dalla maggior parte delle persone. Perché, lo dico subito, a me questa smania del "partire" un po' mi sta sullo stomaco. In generale, ma anche e soprattutto quando si parla di fotografia. Infatti di rado – e a me non è mai capitato di vederne – si ottengono foto davvero buone quando si è in vacanza, visto che oltre a noi stessi ciò che è “vacante” è anche la creatività e la voglia di impegnare molto tempo cercando un soggetto adeguato a rendere le nostre idee e le nostre emozioni, invece che in spiaggia o con la visita guidata al “famoso monumento”. Lo confesso, non sono mai stato a Venezia, ma grazie ai reportage di grandi fotografi, e certo anche a Google Maps e Street View, penso di conoscerla piuttosto bene. Non debbo ricordare quel che ho visto, posso tornare su ogni singolo scorcio quando voglio. Mi dirai: ma le foto che guardi non le hai fatte tu. E allora? Cosa cambia? Se non sono foto sommamente creative, il fatto che lo scorcio delle calli lo abbia scattato io o qualsiasi altro fotografo non ne cambia il valore “documentale”. E spesso le foto cosiddette “creative” che molti fotografi amano scattare, non si discostano poi molto da quelle altrettanto “creative” realizzate da centinaia di altri fotografi. Mosso intenzionale, tempi di scatto lunghi con le gondole mosse, ora blu, e così via. Magari qualcuno si diverte anche a copiare chi ha avuto delle belle intuizioni, e allora ecco una sorta di “Venetia Obscura” sullo stile di Luca Campigotto, con foto notturne in bianco e nero. E gli esempi potrebbero continuare. Ovviamente farsi le foto da soli è decisamente più divertente e piacevole, ci mancherebbe. Ma non è questo il punto. Ci sono molti modi di affrontare il racconto dei luoghi, ma soprattutto ci sono molti modi di intendere la passione per la fotografia. E le due cose sono strettamente connesse. Possiamo viaggiare per il semplice gusto di viaggiare, o di fare una “vacanzina” una volta l’anno; ma possiamo anche viaggiare appositamente per fotografare, ed è questo il sistema migliore per ottenere dei risultati degni di noi. Questo ci porta a fare tutta una serie di considerazioni interessanti. Ad esempio molti, quando scoprono che dopo quindici anni passati a girare come fotografo editoriale di viaggi e turismo ora mi muova di rado dal comprensorio in cui vivo, mi chiedono come faccia a non desiderare di continuare a viaggiare. Il desiderio di viaggiare è insito nella natura umana. E io viaggio tantissimo, magari con la fantasia. Mi piace informarmi, scoprire le realtà “altre”, scoprire chi le racconta, ammirare le foto di coloro che dedicano anni e anni a svelarle. E in realtà sono spesso “fuori” a fotografare: più di quanto facessi prima, a dire il vero. Fotograficamente parlando sono molto più prolifico oggi che in una "realtà altra" ci vivo, di quando le "realtà altre" me le cercavo viaggiando. Zavattini definiva il modo di raccontare un luogo che molti considerano poco interessante la “Qualsiasità”: ogni luogo rappresenta, infatti, il mondo intero. Si riferiva a Luzzara, ovviamente, che lui ha contribuito a far conoscere attraverso le immagini di Strand e altri fotografi. Luzzara – il cui monumento più insegne è un campanile del 1770 - rappresenta però l’Italia intera, e anche un po’ di Europa, e anche di mondo, se la comprendi, se l’osservi con attenzione. Così per me la Tuscia e le regioni vicine rappresentano il mondo intero e posso trovarci di tutto, basta che apra gli occhi per davvero; per altri possono essere i luoghi natali, le città in cui abitano, le Regioni in cui hanno la ventura di vivere tutto l'anno. Un luogo qualsiasi è anche qualsiasi luogo! Se guardi bene, infatti, Roma è come New York, e Rabat come Ushuaya. Diverse in tutto, storia, abitudini, stili di vita, clima, architettura, ma parte di questo pianeta e di questa umanità, e raccontarle significa far comprendere che al di là delle enormi differenze, in verità ogni essere umano è simile agli altri, ogni architettura è concepita per venire incontro alle stesse esigenze, ogni animale e pianta si è evoluta per rispondere sempre e comunque alle sfide poste dall’ambiente in cui vivono. Ma per capirlo, devi scavare in profondità, e chi ha tempo di farlo? Se si è impegnati a viaggiare, certamente questo tempo finirà per mancarci. Si va nei luoghi, si scattano “belle foto” e si torna a casa. Poi, ogni tanto, si guardano quelle foto e si dirà: “ah, che meraviglia, sono stato là! Quanto mi piacerebbe tornarci!”. I ricordi veri svaniscono pian piano e restano solo le fotografie. Se fai un viaggio in India vedrai con “i tuoi occhi” un determinato luogo, è vero, ma non conoscerai quella realtà come potresti farlo leggendo un libro o guardando un reportage di McCurry. Dico sul serio. Anche perché avere tempo e un occhio allenato, forgiato dall’esperienza, è roba per pochi. I viaggiatori distratti si affidano troppo ai pregiudizi e alla capacità dello sguardo di discernere la realtà. Dunque non bisogna viaggiare più? Non è certo questo quel che voglio dire! Anzi, al contrario occorre recuperare il gusto del viaggio, che non è solo uno spostamento fisico. Viaggiare è bello e arricchisce la nostra vita, solo che occorrerebbe dapprima imparare a conoscere per davvero il luogo dove si vive, imparare a vederlo, come fosse un luogo esotico. Fare pratica, diciamo. Solo dopo partire per applicare lo stesso metodo ad altri luoghi.
Evitare il mordi-e-fuggi. Invece di tanti viaggi brevi, fare viaggi di molti giorni. Magari non tutti gli anni. Se il mondo intorno a te lo scopri interessante e stimolante, anche fotograficamente, non sentirai più l’esigenza di “fuggire altrove”. E allora il viaggio diventerà quell’evento importante che davvero ti cambia un po’ la vita, e anche il modo di fotografare. Difficile dirlo (e farlo) nell’epoca del Low Cost e del turismo veloce e superficiale che soffoca il pianeta con voli aerei inquinanti e distrugge i luoghi che pure intende visitare, e basti pensare appunto a Venezia, straziata da milioni di turisti, e dalle navi da crociera. Questo significa “andare a Venezia”? Quando potrò – se mai potrò – vivere uno due mesi a Venezia, penso che ci andrò, per fare le mie foto. Un week end a Venezia, come fotografo, per me non ha alcun senso, anche se magari si possono portare a casa molte “belle foto”. Da riguardare ogni tanto, con nostalgia. Soprattutto per le mille occasioni perse.
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