Realizzare una fotografia è un po' come cucinare un buon piatto? In effetti a volte sembra essere davvero così. E allora, i primi "tutorial" possiamo immaginare siano state le ricette, che da almeno due secoli si trovano pubblicate in libri e riviste (e persino calendari). L'appassionato gastronomo le segue pedissequamente: tot grammi di farina, due uova, un pizzico di sale, acqua, olio... E il risultato, a meno di gravi errori, è una pietanza ben riuscita, quasi identica a quella del "maestro" che ci ha guidati. Ma, diciamocelo, la vera differenza sta in quel "quasi". Infatti i grandi "chef", i cuochi fantasiosi e creativi, non seguono le ricette - anche se magari lo hanno fatto all'inizio della loro carriera, per imparare: oramai le ricette le scrivono, semmai - e applicano una libera creatività, guidati dalla propria esperienza. Direi che molti fotoamatori sembrano apprendisti cuochi intenti tutta la vita a seguire delle ricette, leggendo libri con consigli tecnici precisissimi (non a caso detti "cookbook" in inglese, anche se parlano di Photoshop), mentre per diventare un Autore con la "A" maiuscola occorre metterci un pizzico di creatività e fantasia, mixando dolce e salato, piccante e speziato. In cucina come in fotografia quel che conta è sempre la fantasia! E stranamente tanti giovani (e meno giovani) interessati alla fotografia sembrano dimenticarsene. Le regole servono ad avere una base tecnica fondamentale e un quadro di riferimento necessario a non andare a casaccio. Ma poi è quanto si riesce a deviare dalla "diritta via" che davvero importa. Ricordo che da bambino mi piaceva "cucinare" o, per meglio dire, mischiare più o meno a casaccio quelli che sembravano ingredienti perfettamente commestibili al solo scopo di ottenere qualcosa di immangiabile, ovviamente dopo aver sporcato fornelli, tavolo e mille posate, per la gioia dei miei genitori.E' vero, mi divertivo tanto (loro un po' meno), ma di fatto non imparavo nulla e di certo non producevo qualcosa di utile. Ecco, chi fotografa senza avere almeno un po' di competenze tecniche mi ricorda me stesso da bambino, coperto di farina, nella cucina del vecchio appartamento al secondo piano. Ero tutto contento, ma non sono diventato un cuoco, anzi a cucinare resto scarsino - anche se lo faccio regolarmente e continuo a "inventare" piatti, magari osando un po' meno di un tempo.
Con la fotografia, per fortuna, ho fatto l'opposto: ho studiato ogni possibile libro che trovavo, fatto tutti gli esperimenti possibili, letto ogni rivista su cui mettevo le mani, mi sono costruito - con le mie mani e tanta fatica - una base tecnica su cui innestare la mia tendenza all'anarchia più totale dal punto di vista creativo. E anche se poi per motivi professionali ho dovuto contenere la mia istintiva esuberanza, sono un fotografo e non - come detto - un cuoco. Vorrà pur dire qualcosa!
12 Commenti
Imitare o addirittura copiare le foto – e le tecniche – impiegate dai grandi autori è un esercizio preziosissimo se li si vuol comprendere davvero. Ovviamente, si tratta di un’attività didattica, ma nulla vieta che, sperimentando sull’imitazione, non si scoprano tecniche che ci torneranno utili successivamente, in modo più consapevole. Per questo, sebbene sia un amante dell'analogico e i trucchetti digitali non mi piacciano molto, ti propongo - come esercizio - di prendere una tua fotografia e di trasformarla in una fotografia di gusto pittorialista. Non è necessario che il tema della foto sia legato ai gusti ottocenteschi: la fotografia può anche essere moderna nel contenuto, a noi interessa la forma. Quali sono le principali caratteristiche (medie) di una foto pittorialista? Potrai scoprirle da solo, ma in linea generale ce ne sono alcune evidenti: il basso contrasto, a volte un leggero sfocato, la diffusione delle alteluci, la vignettatura e spesso il viraggio, o seppia (selenio) o al platino, oro o altri materiali nobili, che prolungavano la durata delle stampe. Il più delle volte noterai che le stampe hanno tonalità sul seppia e, meno frequentemente, azzurre-ciano, comunque fredde, magari accompagnate da un colore di fondo (della carta) giallognolo: il cosiddetto “split toning” serve appunto a imitare questa caratteristica.Le stampe presentavano in genere una certa vignettatura, una tecnica classica della fotografia in generale, di quella in bianco e nero in particolare (la usava a volte anche Ansel Adams, per dire). Ma non è un difetto? Se non è voluta, sicuramente si, ma quando introdotta ad arte nell’immagine serve a concentrare ancor più l’attenzione sulla scena, a creare una sorta di leggera cornice intorno al soggetto. Proprio perché molto amata dai pittoralisti (che a volte però se la ritrovavano sulle foto perché gli obiettivi dell’epoca avevano una naturale caduta di luce – e qualità – ai bordi) la vignettatura è utile se si vuol creare un’atmosfera “vintage”. Ti ricordo che la vignettatura può anche essere chiara, sfumando verso il bianco: era molto utilizzata nei ritratti, ad esempio. Con Lightroom e gli altri software è facilissimo aggiungere una vignettatura, In pratica si crea una selezione ovale, si inverte e si sfuma la selezione, e infine si scurisce leggermente. In LR esiste un comando apposito per creare la selezione. A sinistra vedi la foto originale e a destra la selezione ovale già con l’iscurimento applicato. Interessante notare che aggiungendo la vignettatura anche la parte che non viene toccata dalla regolazione della luminosità sembrerà leggermente più scura. In caso è possibile invertire la selezione e schiarire solo questa parte. Il risultato finale può piacere o meno, però indubbiamente dirige con più forza lo sguardo verso le tre cascate sullo sfondo, che rappresentano il vero soggetto della fotografia.Aggiungendo un viraggio color seppia, in breve si avrebbe una fotografia dai forti connotati “pittorialisti”, che potrebbero essere accentuati diffondendo un po’ le alteluci. In questo caso mi sono limitato ad aggiungere un tono seppia e a ridurne la saturazione per renderlo visibile ma non preponderante, ad abbassare il contrasto (le foto pittorialiste erano quasi sempre poco contrastate) e ad aggiungere un po’ di “gamma” per ristabilire un certo equilibrio all’insieme. Sebbene scattata con una mirrorless digitale APS-C, la foto potrebbe tranquillamente provenire da qualche atelier pittorialista della seconda metà del XIX secolo, non trovi? Ovviamente si tratta di un semplice “gioco” o esercizio, ma ti consiglio di prendere una tua foto e di farlo anche tu, anche per entrare in “empatia” con i fotografi di quell’epoca pioneristica e romantica. E anche per farti venire la voglia - magari - di scattare delle foto analogiche che portino a simili risultati! Volendo è anche possibile aggiungere la texture di una qualche carta debitamente antica e magari un bordo che richiami la pellicola. Vediamo insieme come fare. Avrai bisogno di alcune textures. Le puoi trovare online, da scaricare gratuitamente, ma è molto meglio se le realizzi da te, effettuando la scansione o rifotografando carte da acquarello, vecchi fogli ingialliti e così via. Io, ad esempio, ho una cartella con carte e bordi adatti a questo utilizzo. Se l’argomento ti attira, puoi creartene una anche tu. Nello screenshot qui sotto vedi un dettaglio della mia “collezione”. Ho scansito foto Polaroid venute male (dunque senza foto), le pagine ingiallite e macchiate all’inizio o alla fine dei vecchi libri, cartoni ondulati, carte da disegno di vario genere, e così via. Qualsiasi cosa su cui mettevo le mani. E anche vecchie pellicole graffiate, o bordi di qualsiasi genere. Puoi anche realizzare da te una carta “invecchiata” come CART (19) e (20) nello screenshot: ti basta prendere un foglio di carta da acquarello robusta, immergerlo in acqua poi, eliminato l’eccesso di liquido, stenderlo su una superficie piana (meglio un vetro) e lasciar cadere sulla superficie pochi grani di caffè solubile. Fai in modo che i grani siano sottili, tipo sabbia, ti basta schiacciarli tra le dita. Lascia asciugare il tutto ed è fatta. Una volta che avrai la tua texture, ti servirà la foto adatta. L’ideale, come detto, sarebbe farla appositamente, ad esempio ricorrendo a un obiettivo “vintage” di scarsa qualità, in modo che certi “difetti” siano presenti nella foto sin dall’inizio, ma non è indispensabile. Per questo esempio ho scelto una foto molto “romantica”: un faggio “bucato” immerso nella nebbia. Nel tutorial qui sotto ti mostro come elaborare la foto per ottenere un risultato pittorialista. Molti software consentono di lavorare con i livelli. La metodologia illustrata qui in ON1 Photo RAW si ritrova identica in Photoshop e numerosi altri software di postproduzione. Ed ecco qui sotto la foto trasformata completamente, quasi l’avessimo trovata in cantina tra le gli impicci del nostro bisnonno. Rovinata, graffiata, con distacchi della superficie sensibile ma ancora leggibile. Intrigante, non trovi? C’è tutto un proliferare di questo tipo di fotografie, specialmente online, ma considera una cosa: non è la tecnica a essere “creativa” oppure “giusta” o “sbagliata”, è l’uso che se ne fa.
Se dietro una fotografia neopittorialista o postprodotta c’è un’idea forte, ad esempio la voglia di raccontare il passato riproducendone i simboli, tutto è legittimo e accettabile. Se invece l’applicazione di queste tecniche è fine a se stessa e serve solo ad attirare l’attenzione, allora di certo i risultati saranno stucchevoli. Sta a te decidere. Confesso che l'idea non è mia, m'è capitato di vederla online, ma comunque credo sia qualcosa di abbastanza originale. In effetti, da appassionato di fotocamere "Toy" (giocattolo) e a menisco semplice, non potevo di certo resistere a un Fish Eye 10 mm f/8 assolutamente plasticoso e di qualità piuttosto opinabile: quello montato su una fotocamera della Lomography (la Fisheye Camera 35). Ovviamente, se l'obiettivo è interessante, non altrettanto si può dire per la fotocamera, che ha un solo tempo di scatto e nessun'altra regolazione (la versione 2 permette la posa B e le doppie esposizioni) e dunque dal mio punto di vista è inutilizzabile. Perciò "estrarre" l'obiettivo e impiegarlo su un'altra fotocamera mi è sembrata un'eccellente idea. Ho acquistato allora, a meno di 20,00 €, una Fisheye della Lomography (su eBay, s'intende) e mi sono messo all'opera. L'obiettivo è solidale alla fotocamera, dunque non c'è altro modo che distruggere quest'ultima per ottenere il primo. Ho scelto di "denudarlo" completamente per ridurne le dimensioni, ma volendo si può mantenere la gommina che lo riveste e l'anello intorno la lente frontale. Poi ho dovuto ridurre le dimensioni del barilotto per motivi di tiraggio, fino ad arrivare alla basetta interna dove di trova il diaframma. Qui ho incollato un tappo di plastica di quelli che servono per chiudere i corpi fotocamera M39 appositamente forato e il gioco è fatto. L'obiettivo si potrebbe montare anche su una vecchia Leica a vite, ma mi sembrerebbe "lesa maestà": io possiedo una FED 5b di fabbricazione russa, con lo stesso passo, e su questa fotocamera l'obiettivo è a suo agio... La qualità? Beh, se consideriamo che è di plastica e decisamente rozzo, l'obiettivo non va affatto male, sebbene ci sia molta aberrazione cromatica (ma io lavoro in Bianco e Nero...) e una netta perdita di qualità ai bordi, però ci si può divertire, eccome. Per inquadrare occorre andare a senso, se non si possiede l'apposito mirino prodotto dalla Lomography, da acquistare a parte. Ma l'angolo di campo è tale che ci si "azzecca" abbastanza anche senza. Insomma, anche questa missione di "hackeraggio" è andata a buon fine!
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