MARCO SCATAGLINI
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Estetica e stereotipi, dalla moda alla fotografia

1/9/2020

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Il "caso" della modella armena Armine Harutyunyan sta agitando il mondo dei "social" con polemiche francamente stucchevoli, ma che fanno riflettere.

Infatti si assiste a uno scontro - a suon di insulti, con tanto maschilismo, misoginia e razzismo bell'e buono - tra chi sostiene che la bellezza femminile (almeno nella moda) debba corrispondere a dei canoni ben precisi, e chi invece la pensa in modo opposto (come me) e saluta con piacere questa novità (che poi la modella sfila per Gucci sin dal 2019...). Polemiche simili, in fondo, erano nate per la modella con la sindrome di Down e per quella "curvy".

I sostenitori del modello "canonico" ritengono che, come nell'antica Grecia, sia possibile stabilire a priori- anche con delle misure e delle proporzioni precise - cosa sia esteticamente accettabile e cosa invece ricada nella categoria del "brutto", che dunque dev'essere escluso da un mondo, quello della moda, geneticamente dedito al "bello".
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Per definizione le donne davvero belle, le top model, sono rare e assolutamente perfette. In genere longilinee, con gambe lunghe, vita sottile ma non troppo (il "vitino da vespa" è passato di moda), seno importante ma non abbondante e così via; se sono bianche in genere le si preferisce bionde, se di colore è comunque meglio abbiano i capelli lisci, come Naomi Campbell, per dire, sebbene questo sia poco naturale per una afro-americana.
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Non debbono sembrare, nemmeno lontanamente, donne reali, ma astrazioni, lontane dall'umano per diventare quasi divinità, e non a caso la Campbell venne soprannominata "la Venere nera". Ma c'è anche chi trova che questa bellezza canonica, evidente, senza alcuna sorpresa alla lunga finisca per annoiare. E tuttavia quasi nessuno sembra riuscire a farne a meno.

Nemmeno i fotografi - professionisti e amatori - che si dedicano al "glamour" e sborsano bei soldoni per avere modelle "sexy" e perfette. Quando scelgono un'amica disponibile, e generalmente "difettosa" (insomma, umana), subito i puristi si ribellano, evidenziando la troppa "ciccia" o le gambe non tornite in modo adeguato, nemmeno stessimo al mercato degli schiavi di triste memoria.

Perché la bellezza canonica è rassicurante e funziona: stranamente gli stessi stilisti rischiano molto presentando collezioni di vestiti ai limiti del fantascientifico (e dell'utilizzabile), ma quando si tratta di scegliere chi deve portarli in passerella preferiscono "il classico" o, se proprio si rischia, lo si fa scegliendo modelle filiformi e anoressiche, che è una cura peggiore del male.
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La casa di Moda Gucci ha deciso di cambiare le carte in tavola preferendo una modella non canonica e inserendola oltretutto nella lista delle "100 donne più belle del mondo". Ora, che esista questa classifica lo trovo un po' deprimente, e di certo opinabile (mi ricordo che io ho sempre trovato la Schiffer francamente poco attraente, ma de gustibus), ma che vi venga inserita una donna "non canonica" è un segnale.

Che per i fotografi rappresenta una sfida niente male, che andrebbe raccolta. La foto sopra della Campbell sembra la foto per la patente, non trovi? Ben illuminata, ci mancherebbe, ma con un volto così ti basta mettere la modella sul set e scattare a caso. Nessuno guarderà la foto, guarderà solo la modella, talmente vera che in effetti sembra finta.

Ma lo scopo di un bravo fotografo (anche di Moda, considerato un genere molto commerciale) dovrebbe essere quello di tirare fuori il meglio da ogni persona ritratta, perché in ognuno c'è della bellezza, e non solo in senso estetico.Anzi soprattutto non in senso estetico.

​Cercando online le foto di Armine per questo post mi son reso conto di quanto questa ragazza sia multiforme: appare diversa in ogni scatto, compresi i selfie che si scatta da sola. Ha un viso "malleabile", può sembrare quasi mascolina come profondamente femminile, sensuale come distante. E' come certe attrici che non possono essere definite "belle" secondo i canoni che abbiamo visto (tipo la Magnani, foto sotto), ma in grado di catturare la tua attenzione e di smuovere qualcosa di più profondo. Purtroppo molta Moda (e molti fotografi) sono rimasti legati all'idea del "bel faccino" che, in effetti, facilita il lavoro.
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Vorrei dire che questo atteggiamento di "estetica superficiale" affligge quasi tutta la fotografia: da sempre, ma oggi più che mai. Se non rispetti determinati canoni, le tue foto non sono "belle", o almeno non sono giudicate tali dal pubblico generalista, che comunque rappresenta il 95% almeno dei fruitori potenziali di un'immagine.
Un paesaggio dev'essere selvaggio e perfetto, senza fili dell'alta tensione o elementi di disturbo, preferibilmente dev'essere anche molto colorato e spettacolare. Un "paesaggio-Schiffer" chiamiamolo così. Eppure, quanti "paesaggi-Armine" hai veduto che ti hanno davvero coinvolto e colpito? Mi basta citare Giacomelli, ma ce ne sono tanti altri. Mi torna in mente anche l'ossessione di Ugo Mulas per le foto "buone" e il suo disprezzo per le foto "belle".
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Ecco, in ogni genere fotografico credo che questa regola dovrebbe valere: Armine è una modella che funziona, è reale, vicina, è la ragazza che puoi incontrare al bar o al parco mentre porta a passeggio il cane, è la donna con cui puoi parlare di arte (sia lei che il padre sono artisti affermati), di libri o di cinema, e poi magari anche di cose stupide, ci mancherebbe.
 

Fatto sta che accanto alla rappresentazione idealizzata e distante di una donna (ma il ragionamento vale anche per gli uomini) sarebbe davvero auspicabile che si torni a guardare la realtà, ad apprezzarla, a narrarla, a ritenerla degna della nostra attenzione.
​
I sogni sono certamente piacevoli, ma terminano al sorgere del sole. Sarebbe ora che il mondo della moda (e non solo) inizi seriamente a svegliarsi. E che intanto, sui Social, si possa anche commentare l'operato di una persona (soprattutto se di sesso femminile) che svolge un lavoro "pubblico" (dalla politica alla moda) senza offenderla e senza insultarla, che sarebbe già molto.
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    Sono un fotografo e un autore di saggi sulla fotografia (e non solo). Per oltre 15 anni ho collaborato con le più importanti riviste di viaggi e turismo, pubblicando oltre 200 reportage. Oggi mi occupo di fotografia creativa, alternativa e irregolare, sia analogica che digitale, e sono un ricercatore di “cose interessanti” da raccontare, soprattutto nel campo della fotografia, dei luoghi, della natura e dei paesaggi, anche grazie alle tecniche dello Storytelling.


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