MARCO SCATAGLINI
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Leggere un istogramma

31/3/2021

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Spesso mi viene chiesto come valutare, dal punto di vista esposimetrico, una fotografia: s'intende, già scattata. Insomma, come valutare di aver effettuato, sul campo, le scelte giuste e di non avere magari peggiorato le cose in postproduzione?

In genere rispondo sempre che, in effetti, abbiamo la possibilità di vedere quella che è (da ogni punto di vista) la "fotografia di una fotografia", cioè l'istogramma. E se la fotografia originaria ci confonde a causa del soggetto, dei colori, della composizione, l'istogramma è una "fotografia" più precisa e scientifica. Lo ammetto: è un po' (parecchio) meno affascinante!
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In effetti l'istogramma rappresenta, su ascisse e coordinate di un normale piano cartesiano, ogni singolo pixel della nostra fotografia, solo slegato dalle forme del soggetto e reso come pura quantità di luce.

A seconda della sua collocazione possiamo sapere se quel punto è scuro (se è più verso sinistra) oppure chiaro (se più verso destra), e di quanto. Ipoteticamente, il grigio di cui è riempito l'istogramma rappresenterebbe il numero di pixel della foto (ad esempio, 20 milioni), ma è sottinteso che parliamo di qualcosa di teorico. In verità a noi interessa soprattutto la forma complessiva dell'istogramma, che ci permette di valutare la nostra fotografia in modo efficacissimo e preciso.
 
Una breve nota prima di andare avanti: l'istogramma è visualizzabile anche in anteprima sul display della fotocamera, cosa che ci permette di scattare in modo più responsabile. Inoltre, si può controllare l'istogramma anche subito dopo lo scatto, a ulteriore verifica.
 
Per esperienza, però, questi istogrammi sono solo indicativi: fanno riferimento infatti al piccolo jpeg generato dalla fotocamera in allegato al file RAW (se si scatta in RAW, com'è sempre consigliabile) e che serve appunto per visualizzare la foto stessa: il formato grezzo, infatti, è solo un "grumo di pixel" che la macchina non può utilizzare direttamente. Dunque l'istogramma della fotocamera - già piuttosto piccolo - è anche poco preciso. Comunque aiuta, e molto.
 
Ma andiamo avanti. Diciamo che apriamo la nostra foto in un software tipo Lightroom di Adobe (ma ce ne sono tanti altri). La cosa buona è che questi software ti mostrano l'istogramma scisso nei tre canali RGB, cosa che consente di capire anche se la foto è bilanciata o meno dal punto di vista cromatico. Guarda la foto qui sotto.
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 Come puoi intuire è praticamente monocromatica, ma in realtà nel verde non c'è solo il verde, ma un mix di altri colori, come il blu. Possiamo notare che l'istogramma del verde è più alto a destra, il che vuol dire questo colore prevale nelle zone luminose, mentre nelle aree più scure e in ombra, al verde si sovrappone il blu, come dimostra il picco a sinistra. La foto, nel suo complesso è equilibrata dal punto di vista della distribuzione delle luminosità (d'altra parte è molto morbida), ma ha ovviamente (e volutamente) un totale sbilanciamento cromatico. Un altro esempio ancora più chiaro.
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In questo caso, come vedi, le aree illuminate dal sole sono "calde", e infatti il rosso e il verde (insieme danno il giallo) sono spostati a destra, mentre a sinistra, nelle aree in ombra, prevale il blu. All'estrema destra c'è un vuoto: significa che mancano le aree molto chiare, ma questo è normale trattandosi di una foto complessivamente "scura". Si potrebbe ovviare grazie alle curve (magari lo vedremo in un altro post), ma è una scelta del fotografo.
 
Se ragioniamo in termini di aree di colore, a volte è più semplice esercitarsi su istogrammi "monocromatici", presenti in tutti i software. Qui ti faccio degli esempi ripresi dal software gratuito (un semplice browser) FastStone. 
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La foto qui sopra è un classico esempio di immagine in cui prevalgono nettamente le aree chiare, com'è ovvio, visto che gran parte della scena è sostanzialmente bianca. Infatti abbiamo un picco tutto a destra (si potrebbe schiarire ancora la foto facendo in modo che l'attacco dell'istogramma tocchi il bordo a destra.
 
Leggendo l'istogramma, anche senza guardare la foto, sapremmo che presenta un'ampia zona molto chiara con dei dettagli più scuri, in tono grigio medio, ad eccezione del tronco in primo piano a cui si deve il piccolo picco (scusa la cacofonia) a sinistra.
 
Questo per dire che non è detto che - come si legge spesso online - l'istogramma debba essere una curva perfettamente centrata: anzi, in genere una simile foto è piatta e priva di contrasto. Teoricamente, se possibile, in fase di ripresa occorrerebbe puntare a ottenere un istogramma il più neutro possibile o, meglio, sbilanciato (senza esagerare) a destra. Ma di questo magari parleremo in un'altra occasione.
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Un istogramma equilibrato è ovviamente desiderabile nei casi di foto in cui la morbidezza delle luci è fondamentale (vedi foto qui sopra). L'istogramma è spostato a sinistra, perché la scena è in ombra , ma la foto nel suo insieme è equilibrata. L'istogramma si abbassa molto sul lato destro, ma arriva comunque a toccare il bordo.
Facciamo un esempio molto più estremo.
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In questa foto potresti quasi chiederti: oddio, che fine ha fatto il mio istogramma!? In realtà la foto presenta un'ampia zona del tutto nera e senza dettaglio (picco strettissimo all'estrema sinistra) e un'ampia zona chiara (picco strettissimo all'estrema destra). Una foto dal contrasto esagerato, come richiesto dal soggetto, giocato sulla fusione tra il cavaliere e gli alberi in silhouette.
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Una situazione simile, ma meno drastica, è quella della foto sopra: un'area buia molto grande che però non diventa mai "nera. Anche nelle ombre più scure, come nelle luci più chiare, è bene ci sia sempre un minimo di dettaglio. Ovviamente l'istogramma manca del tutto del lato destro, ma trattandosi di una foto decisamente "buia" è normale.
 
Non pretendo di esaurire un argomento così vasto e articolato con queste brevi note, che però spero ti siano utili a comprendere l'importanza dell'istogramma, che va sempre consultato in fase di postproduzione per capire da dove si parte e dove si vuole arrivare.

Non occorre che si arrivi a un istogramma "perfetto", è sempre una questione di scelte, l'importante è che siano consapevoli, e non errori involontari. L'istogramma ti aiuta a ottenere quel che ti eri prefisso in fase di ripresa, e non va quindi considerato come un limite, anzi è una grande possibilità. Soprattutto, quando non si riesce a capire bene "cosa non va" in una foto, ti rivela ogni arcano della ripresa, dalle dominanti nascoste ai "buchi" nelle luci e nelle ombre, senza tra l'altro che ci metta lo zampino qualche problema di tipo tecnico, tipo un'errata calibrazione (o assenza totale della stessa) del nostro monitor.
​ 
Insieme alle curve, insomma, permette davvero di avere il controllo totale delle nostre fotografie.
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Arricchirsi con la fotografia: 5 consigli che funzionano (quasi) di sicuro

1/3/2021

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Gente strana, i fotografi. Voglio dire: se uno è appassionato di corsa campestre, o gioca con i trenini, o si dedica alla lettura, ai videogiochi o alle mille altre possibilità che esistono di avere un hobby, non è che sta sempre lì a pensare come guadagnarci qualcosa. Va bene, esistono professionisti in ogni settore  e un collezionista di francobolli potrebbe anche scoprire un "Gronchi rosa" e guadagnarci su bei soldini, ma non è certo ossessionato dall'idea di dover guadagnare qualcosa da un passatempo, non lo fa per quello. Invece, i fotografi son sempre lì a chiedersi: come posso guadagnare grazie alle mie foto?
Presumo sia colpa da un lato di un retaggio del passato, quando i "professionisti" erano il modello di riferimento, dall'altro del costo delle attrezzature, che spinge a cercare un certo "ammortamento" economico. Sia come sia, non esiste sito, rivista o libro che non abbia dei suggerimenti su come "guadagnare grazie alle tue foto": e giù consigli originali e innovativi (no: son sempre gli stessi).
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Allora, per completezza dell'informazione - sia mai che questo mio blog venga considerato poco attento alle esigenze dei lettori - ecco i miei cinque consigli per arricchirsi grazie alle tue foto. Dico arricchirsi perché son capaci tutti a suggerire tecniche per guadagnare qualche spicciolo, ma nessuno ti dice davvero come puoi diventare ricco sfondato grazie a una fotografia (Una? Si, ne basta una, se è quella giusta. Fidati).
 
Ecco i miei consigli. Poi ci rivediamo alle Bahamas (anche se non credo ci andrò mai: odio il caldo).
 
Consiglio 1 - Non sono le fotografie a guadagnare, sono i fotografi. Dirai: grazie al... Però è così: non importa che foto hai fatto, se l'hai fatta tu e avrai fatto in modo che abbia un buon GVA (Grande Valore Apparente). Il mondo dell'arte in generale è pieno di pittori, scultori e fotografi che hanno lavorato per crearsi una fama, e tutti a dire: ah, però che grande artista! Nessuno, però, che conosca le loro opere, ancor meno le capirebbe, comunque. Non è un mondo per sfigati: se vuoi davvero arricchirti con la fotografia applica alla lettera lo logica che, se vuoi essere qualcuno, devi apparire  famoso, importante e di successo. Lascia stare i concorsi per poveri fotoamatori del cazzo, punta dritto verso gallerie importanti, mostrati sicuro delle tue capacità, fai appostamenti in via Giulia a Roma per beccare Bonito Oliva mostrandogli le tue foto ancor prima che abbia modo di reagire, o fai incazzare Sgarbi dandogli della "capra!" (questa tecnica è più facile) e quando ti prenderà a schiaffi diventerai ipso facto famoso. Sarai il fotografo preso a schiaffi da Sgarbi e il gioco è fatto. A chi vuoi che importi che foto fai? Fotografa cacche di piccioni sui muri con lo smartphone e fatti scrivere una nota critica da qualche criticone importante (costo medio sui 3000 €, ma sono un buon investimento) e avrai tutto quel che ti serve. Gli emiri della penisola arabica hanno già in caldo l'assegno da due milioni di dollari per te. E se pensi che racconto solo cazzate (che è vero, ma non dirlo in giro), sappi che la foto più costosa della storia non è di Weston o Adams, di Gursky o Angelica Hofer: è di un tal Peter Lik (e chi è? dirai, l'ho detto anch'io), e si intitola (che fantasia!) "Phantom". La foto di per se è gradevole, ma vista e stravista, di una disarmante banalità, ed è stata pagata ben 6,5 milioni di dollari. C'è chi dice sia solo un'operazione di marketing. Vedi che ho ragione?
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Consiglio 2 - Va bene, vuoi tenerti basso, non hai voglia di Martini on the rocks a bordo di un motoscafo battente bandiera panamense, non vuoi dover presenziare a ogni fottuto vernissage di tue mostre al MoMA, vuoi invece continuare la tua vita avendo però bei soldoni in banca, guadagnati senza fare una cippa, cioè fotografando. Va bene. Allora prova con le paparazzate. Lo so che da quando Corona è decaduto questo settore attira molto meno, ma se pensi a quanto vengono pagate le foto (poco nitide, brutte, scattate al volo e senza un minimo di grazia) pubblicate su certe riviste, beh... ci farei un pensierino. Quando qualcuno ti farà osservare che "paparazzare" la diva o il divo della TV, del cinema o della canzone non è certo una forma d'arte, contrapponi due dati incontrovertibili: primo, che il termine "paparazzo" deriva dal personaggio interpretato da Enzo Cerusico in " La Dolce Vita" di Fellini (e scusa se  poco); secondo, che una foto di due personaggi famosi che trombano può arrivare a valere 50.000 eurini, che qualsiasi fotografo "fine art" con la puzza sotto al naso non vedrà che in cartolina, se non appartiene al "gotha" dei 10-15 fotografi strafamosi (e anche in quel caso, è dura). Prendi la reflex, buttaci su due duplicatori di focale, un tele da 500 mm (anche catadiottrico, che ti frega) e appostati all'Argentario, in Costa Smeralda, ma anche a Roma o Milano, e ci sei quasi. Poi certo ci vuole un po' di culo: il tuo, certo, ma anche quello della Belen.
 
Consiglio 3 - Sei uno di quelli tosti: non accetti compromessi, sei un artista tu, mica un marchettaro di m... Non mi spaventi, sai? Ho un consiglio anche per te. Non originale, anzi riciclato. Riciclatissimo. Però se uno ci pensa su un attimo, e decide davvero di mettersi d'impegno, son certo potrebbe funzionare, come sempre. Le agenzie di Stock. No anzi, di Microstock. La grande illusione di ogni fotoamatore, non c'è libro o manuale che non consigli al fotografo di mettere le proprie foto su questi siti che, essendo Royalty Free, non chiedono nemmeno l'esclusiva. La stessa foto la puoi mettere su 10 siti diversi. Wow! Chissà quanti soldini guadagnerò! Pochi, pochissimi, se non sei davvero furbo. Il download delle foto viene pagato pochi centesimi, e prima di arrivare almeno a 100 euro di guadagno, devi aspettare mesi se non anni. Se non sei Matusalemme, non diventerai mai ricco. Eppure. Eppure. C'è chi guadagna bene anche in questo settore. Certo, sono fotografi che hanno iniziato questa carriera ai tempi in cui era più facile crearsi un seguito, oggi è più difficile, ma non impossibile. La logica di fondo è che è vero che guadagni pochi centesimi a foto, ma se butti dentro la Rete decine di migliaia di fotografie, ecco che il guadagno diventa interessante. Ma non basta. Se fai in modo che le foto siano quelle giuste, e non le solite immagini fotoamatoriali di paesaggio, tramonti, animali domestici e così via, le tue possibilità aumentano molto. Devi puntare al settore "advertising" (la pubblicità, insomma), fare in modo che le tue foto vengano scelte per manifesti, brochure e quant'altro. Studiati il mercato, organizzati in modo da poter realizzare ogni giorno centinaia di scatti, creati una lista di modelli e modelle (no, gli amici e le amiche non vanno bene, servono professionisti) da utilizzare negli "shooting", allontanati dai cliché - per emergere - e poi scatta anche foto banali e trite, perché non si sa mai. Un impiegato lavora otto ore al giorno: tu non un minuto di meno. Almeno sei giorni su sette. Migliaia di foto alla settimana. Trovati un fidanzato/a disponibile a lavorare al computer per inserire tutte le foto sui siti di microstock con tutte le keywords acconce (esistono softwares che facilitano la cosa). Ti sembra complicato? E allora: se vuoi, ti resta sempre il Totocalcio, mica si diventa ricchi cincischiando con gli amici!
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Consiglio 4 - Ma tu in verità sei un fotoreporter, non un impiegato della fotografia. Accidenti, ma sai che sei uno complicato, cavolo? Cosa vorresti: essere pubblicato su riviste e giornali a diffusione planetaria? Vabbe', però non mi risulta che nessuno, pubblicando reportage sui giornali, sia mai diventato davvero ricco (se fosse così, ora non perderei tempo a scrivere 'ste cazzate, avendo pubblicato circa 200 reportage sulle riviste). A meno che non si parli di uno scoop, ma di uno scoop vero. Cosa rara: cose tipo il Watergate avvengono tutti i giorni (ci scommetto), ma scoprirli è un'altra faccenda. Comunque posso darti dei consigli utili anche in questo campo. Prima di tutto scordati il Sociale. Sarà che viviamo nell'epoca dei "suprematisti", dei nazionalisti, dei Salviniani e così via e a nessuno fotte più un'emerita del destino di milioni di persone coinvolte in guerre e carestie. Roba per cuori delicati, eppoi mica tutti sono Salgado. Perciò, cuore di pietra e volgi lo sguardo altrove. Esattamente sui presunti nemici del popolo: lo so che fa molto Pol Pot o Kim Jong-Un, ma intendo dire che se realizzi un reportage bello tosto su Soros, è facile che te lo paghino bene, specie "certi" giornali. Poi c'è tutto il settore dello spettacolo (non parlo di paparazzate, in questo caso): reportage che raccontino i personaggi più amati dal pubblico ricevono sempre un'ottima accoglienza nelle redazioni. E non credere sia così difficile avvicinarli: l'importante è fingere di essere uno bravo e famoso, anche se non lo sei. Quanti politici fanno finta di essere intelligenti e non lo sono? Quanti attori si atteggiano a veri artisti e ululano come cani? Dunque, niente remore! Cercati il contatto giusto e chiedi l'esclusiva: più il personaggio (attore, cantante, politico) è famoso per la sua riservatezza, più il tuo servizio fotografico avrà valore. Se non riesci a convincere il personaggio a concederti il permesso di fotografarlo anche nelle sue attività più private, tenta con il ricatto. Tutti hanno scheletri nell'armadio. Lo so, è illegale. Che ti importa? Siamo in Italia...

Consiglio 5 - Ultima possibilità. Diventa un consulente per fotografi che vogliono diventare ricchi. Si fa così: trova qualche consiglio utile, tipo quelli che ti ho dato sin qui (Hmmmm). Mettili per bene all'interno di una pagina internet (meglio un sito vero e proprio) molto colorato e studiato da qualcuno che ci capisce e con tante foto esplicative acquistate per pochi centesimi su un sito di Microstock (non perdere tempo a farle tu, che il tempo è denaro). Ogni venti righe di testo metti un pulsantone in cui scrivi che i pochi furbi che ci clickeranno sopra potranno conoscere i segreti degli esperti per guadagnare con la fotografia "più di un chirurgo" o di altro professionista stimato. Solo loro potranno accedere al paradiso dei fotografi ricchi e di successo. Offri gratis un'anteprima, ma poi metti in chiaro che per accedere ai metodi di "marketing creativo per fotografi" il fesso... ehm, il cliente dovrà pagare una quota. Tienti alto (spara: 2-3000 €) e poi applica degli sconti per i primi 10 che si iscriveranno (e allunga a dismisura la promozione come "Poltroneesofa", tanto chi si mette a contare gli iscritti?) e il gioco è fatto. Come dici? Quali consigli dovresti vendere? Ah, ma allora sei davvero poco furbo. Ruba, cavolo, ruba! Il consiglio viene da Timothy Ferris, autore di "4 ore alla settimana", libro di gran successo sia in America che nel mondo, e questo già la dice lunga sulla china che l'umanità ha imboccato (io, comunque, il libro me lo sono letto, hai visto mai). Ferris consiglia, per lavorare appunto solo 4 ore alla settimana e acquistare tra le altre cose una bella Lamborghini (ora semplifico), di creare dei prodotti che forniscano alle persone strumenti pratici, atteggiandosi ad esperto (è incredibile quanto sia facile farsi credere un esperto in qualsiasi materia ed essere certificato per questo!) e trovando le risorse rubacchiando qua e là e rielaborando il tutto come fossero cose chissà quanto originali. Ti sembra disonesto? Rassegnati: se la pensi così, resterai socio a vita nel club di noi poveri squattrinati!
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L'altro Adams

4/11/2020

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Ho acquistato "Lungo i fiumi" di Robert Adams, e me lo sto "gustando" un po' alla volta, con calma. E', dal mio punto di vista, uno di quei libri che può mettere in crisi le proprie convinzioni, nel caso specifico quelle legate alla fotografia di paesaggio. Insomma, chi non pensa che gran parte del fascino di una fotografia di paesaggio consista nella scelta di un soggetto adeguato, almeno "interessante", se non spettacolare? Non è quello che ci ha insegnato l'Adams più famoso, Ansel?
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Poi ti arriva l'altro Adams, Robert, è scompiglia le cose sostenendo che non intende "eliminare l'evidenza del nostro abuso del territorio e degli altri verso gli altri", e nemmeno "voltare le spalle a ciò che gli artisti hanno sempre tradizionalmente esaltato nella vita: la bellezza. Che io intendo come forma".

​Tuttavia, quel che vediamo nelle sue foto è proprio l'opposto di quello che noi consideriamo "bello". Magari le foto sono ben fatte e ben realizzate, ma di certo il soggetto non può essere considerato un esempio di armonia e bellezza. Proprio no.
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Robert Adams è d'altra parte il "cantore" della distruzione del "West" americano, di quella frontiera tanto esaltata a parole, eppure massacrata di fatto dalla speculazione edilizia, fatta di miriadi di casette tutte uguali, parcheggi e centri commerciali. Un vero tradimento, come lo considera il fotografo.

Con uno sguardo netto, tagliente, impietoso ha indagato questi "ghetti" urbani dove una piccola borghesia di impiegati e operai crede di aver realizzato il proprio "sogno americano" e dove il concetto stesso di paesaggio è oramai annichilito e dimenticato.
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Guardando queste foto mi sembra davvero che "i due Adams" siano complementari di fatto, avendo rappresentato i volti contrapposti dell'America, quella selvaggia e spettacolare e quella urbanizzata e francamente brutta. Ed è singolare che uno stesso cognome - ma nessuna parentela nemmeno lontana - porti a comporre le due facce di una stessa medaglia, a creare una sorta di "unicum" in cui lo ying e lo yiang si compenetrano e in fondo si giustificano a vicenda.
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Ma veniamo al libro, che è fatto di fotografie e conversazioni in quanto raccoglie diverse interviste di Robert Adams insieme a una piccola serie di fotografie dedicate ai fiumi dell'ovest americano che, come spiega lo stesso autore, non possiede grandi fiumi, ma tanti torrenti dalla portata variabile. E, in effetti, nelle fotografie il più delle volte è proprio l'acqua a mancare. Vediamo letti fluviali secchi e polverosi con tracce dei pneumatici di qualche fuoristrada, vediamo una vegetazione stentata e cieli adamantini, senza nuvole.
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In cosa consiste allora il fascino (peraltro indubbio) delle fotografie di Robert Adams? Forse è in quel suo "essere lì" - davvero - per riprendere il mondo circostante senza i filtri dell'estetica accademica, rinunciando ad abbellimenti e artificiosità, con una semplificazione dello sguardo che non ha sovrastrutture, rinuncia all'artisticità (secondo i principi resi noti dai New Topographics e dalla Scuola di Dusseldorf) per offrirsi nudo e crudo allo spettatore. Forse.

Mi interrogo molto su questo aspetto, perché io stesso vorrei essere meno "rigido" e più libero rispetto a determinati canoni a cui quasi tutti - se non tutti - noi fotografi restiamo legati. Anche perché oggi abbiamo un potente strumento che fortifica la volontà di rimanere avvinghiati al classico e al formale: Internet.

​Solo ciò che corrisponde al "bello" inteso in senso - il più delle volte - superficiale, viene "premiato" con "mi piace" e visibilità, mentre le immagini che si allontanano da questi schemi generalmente languono in un angolo oscuro della Rete.
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Se non si sapesse che la foto sopra è di Robert Adams (e ammesso e non concesso si sappia trattarsi di un grande fotografo), di certo la stessa non verrebbe quasi degnata di uno sguardo. E stiamo parlando di una delle foto più "potabili" del libro di cui sto parlando!

Io - ovviamente - sono molto attento alle foto che vedo online, in particolare alla modalità con cui vengono proposte. Ad esempio l'enfasi che si mette sull'aspetto tecnico: attenzione, non le "scelte" tecniche (che hanno un valore) ma sul fatto, puro e semplice, che si è utilizzata una fotocamera costosa e di alto livello, un'ottica sopraffina e magari una tecnica digitale complessa. Qualcosa che incuriosisce noi fotografi, certo, ma che aggiunge poco alla valutazione della foto: preferirei sapere qual è stata l'ispirazione, la fonte di determinate scelte, quale la genesi stessa dell'immagine. Ma nulla. Al più si sottolineano le difficoltà incontrate, come le levatacce o le lunghe escursioni, per dare un'aura di eroicità alla ripresa, ma poco di più.

Robert Adams fa l'opposto. Punta tutto su una ripresa diretta e senza fronzoli, evita accuratamente la spettacolarizzazione e invece eleva il banale e il quotidiano al ruolo di soggetto importante e degno di essere raccontato, inserendosi in quella linea iniziata da Walker Evans negli USA e ripresa in Italia da fotografi come Ghirri e Giacomelli.

Il libro mi ha sollevato più domande che risposte, è forse è bene così, anzi in questo consiste il suo valore. Di fronte a tanti "manuali" e "guide passo passo" disponibili sul mercato, un libro come "Lungo i fiumi" offre la preziosa opportunità di diventare maestri di se stessi, indagando lo sguardo di un grande fotografo. E non è poco...
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La fotografia è un'attività costosa?

22/9/2020

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Scommetto che ti hanno sempre detto che la fotografia è una passione costosa, che per ottenere risultati davvero eccellenti non puoi non possedere una fotocamera di alto livello e "lenti" altrettanto di qualità.

E se ti dicessi che è assolutamente falso?

La mia fotocamera più "performante" (in termini meramente numerici) è una APS-C da 20 megapixel, consente di ottenere files stampabili senza problemi anche nel formato 70x100 cm e più, ha tutto quel che serve per gestire nel miglior modo possibile i parametri della ripresa, un display OLED touchscreen davvero comodo, e oltretutto è compatta e abbastanza leggera. Con il suo 16-50 mm riesco a ottenere foto di cui sono pienamente soddisfatto, specialmente quando penso a quanto l'ho pagata: 70,00 € (solo corpo), naturalmente usata!

Dirai: com'è possibile? Semplice, si tratta di una mirrorless Samsung del 2013 (la NX300), e visto che la casa coreana è uscita dal mercato strettamente fotografico già da qualche anno, le sue fotocamere (di altissima qualità, basta leggere le recensioni pubblicate a suo tempo sui vari siti online) hanno subito un rapido deprezzamento. Inoltre il mio esemplare ha un piccolo difetto: la rotellina che serve a cambiare i parametri è rotta, sebbene sia possibile utilizzare per lo stesso scopo il display touchscreen, e questo ne ha ulteriormente abbassato il "valore". 

Molti fotografi non accetterebbero mai di avere un modello obsoleto (anche se assolutamente valido), tanto meno un esemplare difettato. A me invece non importa e nel tempo ho acquistato diverse fotocamere a prezzi stracciati, che utilizzo col cuore leggero concentrandomi assai di più sui soggetti che alle specifiche tecniche della fotocamera stessa. Ma non voglio certo convincerti a fare lo stesso. Se desideri e puoi permetterti una "Super Full Frame" del valore di diverse migliaia di euro va benissimo lo stesso, ma il punto vero è: se disponi anche solo di 100,00 € puoi avere comunque una buona fotocamera, non top di gamma ma sufficiente per la gran parte degli utilizzi. In ogni caso non è lei a fare le foto: sei tu!

Insomma, come ho scritto nel post della settimana scorsa, per imparare a fotografare in modo adeguato ti serve ben altro che una fotocamera: ti serviranno fantasia, impegno, ironia, curiosità, competenze... tutte cose che purtroppo non puoi comprare, sebbene tu possa magari avvantaggiarti seguendo un corso (come il mio corso "Smettere di Essere Principiante" realizzato assieme a Reflex-Mania) o leggendo dei libri (anche in questo caso ti consiglio di dare un'occhiata alle mie pubblicazioni).

Sono strumenti in grado di accorciare i tempi ed esaltare le tue capacità, ma comunque la gran parte del lavoro spetta a te. E davvero questa è l'aspetto più intrigante della fotografia!
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    ​Autore

    Sono un fotografo e un autore di saggi sulla fotografia (e non solo). Per oltre 15 anni ho collaborato con le più importanti riviste di viaggi e turismo, pubblicando oltre 200 reportage. Oggi mi occupo di fotografia creativa, alternativa e irregolare, sia analogica che digitale, e sono un ricercatore di “cose interessanti” da raccontare, soprattutto nel campo della fotografia, dei luoghi, della natura e dei paesaggi, anche grazie alle tecniche dello Storytelling.


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