Va bene, faccio un po' di "outing": io a costruire "cose" sono una frana (e a ripararle sono anche peggio). Dunque sembrerei proprio la persona sbagliata per realizzare un "instructable" in cui spiego per filo e per segno come costruire una fotocamera, stenopeica in questo caso. Figuriamoci. Non che non ci provi a far le cose per bene, sia chiaro. Anzi, sono intriso di spirito Zen e mi metto lì con calma, deciso a realizzare qualcosa di cui l'Universo stesso andrebbe fiero. Il tempo è annullato, così anche fretta. Ma niente, alla fine è sempre un disastro: almeno a vedersi, perché poi, per fortuna, queste fotocamere orrende funzionano e detto tra noi è una bella consolazione. Tanto fotografo il più delle volte in luoghi solitari, dunque nessuno vedrà i miei sgorbi! Ad ogni modo, stavolta avevo deciso di fare le cose "ancora più bene". Purtroppo non sono molto attrezzato: ad esempio non ho una sega elettrica, che permetterebbe di tagliare il legno con precisione. Debbo arrangiarmi con cutter e traforo, il che esclude legni spessi e pregiati come il "compensato marino", ideale per costruire fotocamere stenopeiche perché - oltre a essere molto bello - non si "imbarca", cioè risulta stabile a livello dimensionale. Per lo stesso motivo, ma anche per ragioni di ecosostenibilità, è bene dimenticarsi legni tropicali o particolarmente costosi come il noce. Confesso che quando intendo costruirmi una fotocamera stenopeica di grande formato, il più delle volte ricorro al cartoncino rigido, facile da tagliare e incollare, anche se non proprio solidissimo. Ma stavolta no, volevo qualcosa di meglio. Il progetto prevedeva di realizzare una fotocamera 9x13 cm, in modo da utilizzare la metà di un foglio di carta fotografica BN del formato 13x18 cm. Dunque ci voleva un compensato abbastanza sottile, tipo 5 mm, visto che l'insieme era piuttosto compatto. Ma poi come lo avrei tagliato con precisione? Già prefiguravo disastri. Un giorno però, mi capita tra le mani una cassetta di legno, di quelle in cui nei supermercati vengono venduti mandarini o albicocche "al chilo". In verità stavo per buttarla, quando ho notato che il compensato di cui era fatta - sottile e grezzo, davvero bruttissimo - era decisamente morbido e facile da tagliare. Eureka! Ecco il legno, oltretutto riciclato, facile da tagliare e da montare, che mi serviva! Con mio dispiacere ho scoperto poi che il legno era non solo pieno di fibre e piuttosto restio ad essere tagliato con il cutter, ma anche insufficiente alle mie necessità, motivo per cui la mia 9x13 cm è diventata una 8x12 cm, che è pure 2:3, dunque meglio (bisogna sempre far buon viso a cattivo gioco). Sudando e sbraitando - ma in modalità Zen, s'intende - alla fine ottengo tutti i miei pezzi, assolutamente precisi... ehm, insomma, abbastanza precisi. Con la colla vinilica e alcune spille riesco a montare i due gusci, uno rientrante nell'altro, con la parte anteriore leggermente più larga per creare il battente a tenuta di luce. Inserendo il foglio nel guscio più grande, quando si chiude la fotocamera il guscio più piccolo fa da "pressapellicola" e tiene fermo il foglio, come nella Ilford "Obscura", una fotocamera pinhole che però costa quasi cento euro. La mia invece costa... niente. Scopro presto che il legno è talmente diafano che lascia passare la luce per trasparenza, così oltre a dipingere di nero opaco l'interno, rivesto l'esterno con nastro telato, anche per nascondere le scritte stampate sulla cassetta della frutta, sebbene facessero un interessante effetto "kitsch". Con due piccoli magneti e un pezzetto di latta creo l'otturatore. Il foro stenopeico lo realizzo da me (0,20 mm circa). Visto che la scatoletta è spessa 37 mm, il diaframma è circa f/180. C'è da dire che dato il formato del negativo, la mia fotocamera è molto grandangolare (corrisponde a circa un 16 mm sul 135) e, come scopro portandola sul campo, è anche mooolto nitida, nei limiti di una pinhole. Brutta è brutta, lo so, ma io già l'adoro, manco fosse una Hasselblad! Per chi si chiedesse a cosa servono i due elastici, è il modo in cui si riducono i "light leaks", le infiltrazioni di luce. Ho fissato una sottile guarnizione gommosa sul bordo e quando gli elastici premono i due gusci uno contro l'altro la tenuta è perfetta. Con un pezzetto di nastro biadesivo ho anche fissato una livella a bolla sulla parte superiore, mentre per montare sul treppiedi la fotocamera utilizzo un comodo morsetto di quelli per smartphone, acquistato per 5 € su ebay.
Anche se è ovvio, ti ricordo che le foto che illustrano l'articolo (a parte quelle della fotocamera stessa) sono state scattate con il mio gioiellino (ehm...).
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