In effetti, spesso lo è. Un'avventura, intendo. E questo perché, a differenza di quanto avveniva con la stampa analogica in Bianco e Nero, non è molto "lineare" a livello concettuale almeno. Infatti, entrano in gioco molti elementi diversi, a volte contrapposti.
Ad esempio, noi scattiamo la foto e la guardiamo su un monitor secondo la logica "additiva" RGB (la somma dei tre colori da il bianco), Rosso Verde e Blu. Questi tre colori sono in grado di creare tutti gli altri solo se guardati grazie a un apparato che emetta luce.
Ma, lo sappiamo bene, le foto stampate (che siano contenute in un libro o una rivista, o delle stampe da appendere al muro) non emettono luce, bensì la riflettono.
Dunque per la stampa si utilizza la sintesi sottrattiva CMYK (la loro somma da il nero), Ciano Magenta e Giallo, più il nero (indicato con la K finale di Black per non creare confusioni con il Blu).
C'è da dire che ognuno dei colori della tricromia è il "negativo" della quadricromia, sono cioè colori complementari (opposti), come si può vedere nello schema qui sotto in cui l'immagine di destra è la triade di sinistra invertita, al negativo.
A parte questo aspetto, poi, c'è da dire che nella stampa conta anche il problema della resa diversa tra il monitor e la stampante, legata indubbiamente alla "traduzione" che la stampante (o un software) fa della foto in RGB per trasformarla in CMYK, ma anche al fatto che giocoforza un monitor è più luminoso, e apparentemente nitido, di una stampa.
Qui entra in gioco la Gamma che, oltretutto è anche un fatto di scelte: i Mac per esempio usano una gamma 1.8 contro l'2.2 di Windows e dunque passando un file tra i due sistemi, la resa cambia molto! La cosa è ben spiegata sul sito di Benq. Tuttavia la stampa non riesce certo a esprimere questi valori di luminosità, in quanto riflette la luce, non la emette, come detto! In generale, le stampe hanno meno luminosità, contrasto e saturazione di un monitor, inoltre - a seconda della tecnologia scelta - possono avere la tendenza a chiudere le ombre. La soluzione "seria" sarebbe quella di calibrare il monitor per la stampa (cosa fattibile, con alcuni software di calibrazione), oppure crearsi dei profili "a occhio", come ad esempio faccio io. Insomma, il monitor è calibrato come monitor, ma poi ho fatto molta esperienza su come andare a modificare dei parametri per ottenere delle stampe più che ragionevoli, appunto aprendo leggermente le ombre, aumentando la staurazione e la luminosità, ovviamente senza esagerare. Con la pratica - e se non si hanno aspettative "super" - la cosa si controlla bene e senza spese aggiuntive. Un buon consiglio è lavorare le foto destinate alla stampa utilizzando un fondo bianco e non il classico grigio di molti software. Al limite, basta creare un bel bordo bianco tutt'intorno. Questo rende abbastanza bene l'idea della resa finale. Ne parlo anche nel mio ultimo Podcast, che puoi ascoltare su Anchor e su Spotify.
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Ora che è estate e la pandemia un po' ha allentato la sua morsa, stai per partire per il viaggio della tua vita, o anche solo per un fine settimana intrigante e vuoi finalmente tornare a casa con delle foto fatte veramente bene? Hai deciso che è il momento di produrre - era ora - il tuo capolavoro fotografico e vincere il primo premio al concorso del dopolavoro ferroviario? Ok. Ho la formula giusta per te: studiare quel che hanno fatto i grandi fotografi di viaggio, e come lo hanno fatto. E visto che non abbiamo tempo da perdere, puntiamo direttamente sul più bravo (o ritenuto tale) e famoso. Henri Cartier-Bresson (HCB per gli amici), uno dei più grandi fotografi di reportage della storia, tra i fondatori della mitica agenzia Magnum, utilizzava una tecnica infallibile: il mimetismo. Ogni persona (ma anche gli animali) reagiscono in modo scomposto di fronte a una fotocamera e a volte se la prendono con quello che sta dietro l’obiettivo con occhiatacce e improperi o - capita soprattutto in certi paesi - con il lancio di oggetti: a me è capitato mi lanciassero dei sassi mentre cercavo di fotografare delle donne sull'uscio di casa nell'Atlante, in Marocco. Non avevano intenzione di farmi male, ma il messaggio è stato chiaro! A dire il vero, grazie alla guida che mi accompagnava, poi la situazione è ridiventata tranquilla e ho potuto fare le mie foto, il che dimostra che a volte le persone agiscono più per paura o per la sorpresa di vedersi puntare una fotocamera, che per vera aggressività. Sorridi, fai capire che non sei "quel tipo di fotografo" e spesso le cose vanno subito per il verso giusto. Fatto sta che però HCB, sia in territori tranquilli come l’Europa, sia in situazioni assai meno tranquille, si collocava in un angolo e, senza fotografare, attendeva. A forza di vedere quello strano tizio allampanato, con la fotocamera al collo, tutti i santi giorni, dopo un po’ la gente tendeva a dimenticarsi di lui, a considerarlo parte del paesaggio quotidiano. A quel punto Cartier-Bresson iniziava a fotografare, certo che lo avrebbero accettato, anzi che nemmeno lo avrebbero visto. La tecnica funzionava egregiamente, anche se aveva la controindicazione di richiedere un sacco di tempo, e mi è stata raccontata dal figlio di un fotografo di Scanno, in Abruzzo, il cui padre, appunto, potè vedere all'opera HCB durante un reportage sul paesino appenninico. Qui purtroppo per te scattano le prime controindicazioni del metodo “HCB”: durante un normale tour turistico, infatti, la gran parte della gente questo tempo non ce l’avrà, stretta tra i solleciti della guida che sguaina a mo’ di Excalibur una quelle assurde antennine retraibili e i compagni di viaggio che hanno fretta di tornare in hotel per assalire le pietanze che rischiano di freddarsi nel buffet. Per questo chi invece viaggia in modo autonomo, anche se avrà comunque dei tempi non molto lunghi, potrà ottenere decisamente dei risultati migliori. In linea generale, poniti l'obiettivo di evitare le immagini banali (un cielo all’alba o al tramonto sono un utile sfondo, non un soggetto di per sé, tranne rari casi), sforzati di provare emozioni, di avere idee, e poi di trasferirle sul sensore (o sulla pellicola, se sei un inguaribile tradizionalista). Non è facile, occorrono pratica e un occhio allenato. Ricordati sempre che, come diceva Ansel Adams, “non c’è niente di peggio di una foto nitida di un’idea confusa”. Soprattutto pensa non alla singola foto, ma a un racconto articolato su una serie di fotografie tra loro connesse. Schematizzando, potremmo considerare i punti successivi come utili per ottenere risultati almeno migliori del solito nella fotografia di viaggio e anche in quella di "Street", che poi sono due generi molto connessi.
Le "tecniche" che ti ho illustrato sopra sono quelle che buona parte dei grandi fotografi utilizza nel proprio lavoro, magari miscelandole con quella che resta la "madre di tutte le tecniche" del fotogiornalismo, della street e della foto di viaggio: andare incontro al soggetto, stringergli la mano, conoscerlo, parlarci a lungo, addirittura stringere una sorta di amicizia. E' in questo modo che Francesco Zizola ha raccontato le periferie di Roma o Paolo Pellegrin la cultura dei Rom. Insomma uno sconosciuto potrebbe pure darti un pugno se gli fai una foto, un amico invece ti aiuterà a ottenere un grande risultato. Anche se è un amico appena conosciuto. Ricorda sempre la frase di William Butler Yeats: "non ci sono estranei, solo amici che ancora non hai conosciuto"... Gente strana, i fotografi. Voglio dire: se uno è appassionato di corsa campestre, o gioca con i trenini, o si dedica alla lettura, ai videogiochi o alle mille altre possibilità che esistono di avere un hobby, non è che sta sempre lì a pensare come guadagnarci qualcosa. Va bene, esistono professionisti in ogni settore e un collezionista di francobolli potrebbe anche scoprire un "Gronchi rosa" e guadagnarci su bei soldini, ma non è certo ossessionato dall'idea di dover guadagnare qualcosa da un passatempo, non lo fa per quello. Invece, i fotografi son sempre lì a chiedersi: come posso guadagnare grazie alle mie foto? Presumo sia colpa da un lato di un retaggio del passato, quando i "professionisti" erano il modello di riferimento, dall'altro del costo delle attrezzature, che spinge a cercare un certo "ammortamento" economico. Sia come sia, non esiste sito, rivista o libro che non abbia dei suggerimenti su come "guadagnare grazie alle tue foto": e giù consigli originali e innovativi (no: son sempre gli stessi). Allora, per completezza dell'informazione - sia mai che questo mio blog venga considerato poco attento alle esigenze dei lettori - ecco i miei cinque consigli per arricchirsi grazie alle tue foto. Dico arricchirsi perché son capaci tutti a suggerire tecniche per guadagnare qualche spicciolo, ma nessuno ti dice davvero come puoi diventare ricco sfondato grazie a una fotografia (Una? Si, ne basta una, se è quella giusta. Fidati). Ecco i miei consigli. Poi ci rivediamo alle Bahamas (anche se non credo ci andrò mai: odio il caldo). Consiglio 1 - Non sono le fotografie a guadagnare, sono i fotografi. Dirai: grazie al... Però è così: non importa che foto hai fatto, se l'hai fatta tu e avrai fatto in modo che abbia un buon GVA (Grande Valore Apparente). Il mondo dell'arte in generale è pieno di pittori, scultori e fotografi che hanno lavorato per crearsi una fama, e tutti a dire: ah, però che grande artista! Nessuno, però, che conosca le loro opere, ancor meno le capirebbe, comunque. Non è un mondo per sfigati: se vuoi davvero arricchirti con la fotografia applica alla lettera lo logica che, se vuoi essere qualcuno, devi apparire famoso, importante e di successo. Lascia stare i concorsi per poveri fotoamatori del cazzo, punta dritto verso gallerie importanti, mostrati sicuro delle tue capacità, fai appostamenti in via Giulia a Roma per beccare Bonito Oliva mostrandogli le tue foto ancor prima che abbia modo di reagire, o fai incazzare Sgarbi dandogli della "capra!" (questa tecnica è più facile) e quando ti prenderà a schiaffi diventerai ipso facto famoso. Sarai il fotografo preso a schiaffi da Sgarbi e il gioco è fatto. A chi vuoi che importi che foto fai? Fotografa cacche di piccioni sui muri con lo smartphone e fatti scrivere una nota critica da qualche criticone importante (costo medio sui 3000 €, ma sono un buon investimento) e avrai tutto quel che ti serve. Gli emiri della penisola arabica hanno già in caldo l'assegno da due milioni di dollari per te. E se pensi che racconto solo cazzate (che è vero, ma non dirlo in giro), sappi che la foto più costosa della storia non è di Weston o Adams, di Gursky o Angelica Hofer: è di un tal Peter Lik (e chi è? dirai, l'ho detto anch'io), e si intitola (che fantasia!) "Phantom". La foto di per se è gradevole, ma vista e stravista, di una disarmante banalità, ed è stata pagata ben 6,5 milioni di dollari. C'è chi dice sia solo un'operazione di marketing. Vedi che ho ragione? Consiglio 2 - Va bene, vuoi tenerti basso, non hai voglia di Martini on the rocks a bordo di un motoscafo battente bandiera panamense, non vuoi dover presenziare a ogni fottuto vernissage di tue mostre al MoMA, vuoi invece continuare la tua vita avendo però bei soldoni in banca, guadagnati senza fare una cippa, cioè fotografando. Va bene. Allora prova con le paparazzate. Lo so che da quando Corona è decaduto questo settore attira molto meno, ma se pensi a quanto vengono pagate le foto (poco nitide, brutte, scattate al volo e senza un minimo di grazia) pubblicate su certe riviste, beh... ci farei un pensierino. Quando qualcuno ti farà osservare che "paparazzare" la diva o il divo della TV, del cinema o della canzone non è certo una forma d'arte, contrapponi due dati incontrovertibili: primo, che il termine "paparazzo" deriva dal personaggio interpretato da Enzo Cerusico in " La Dolce Vita" di Fellini (e scusa se poco); secondo, che una foto di due personaggi famosi che trombano può arrivare a valere 50.000 eurini, che qualsiasi fotografo "fine art" con la puzza sotto al naso non vedrà che in cartolina, se non appartiene al "gotha" dei 10-15 fotografi strafamosi (e anche in quel caso, è dura). Prendi la reflex, buttaci su due duplicatori di focale, un tele da 500 mm (anche catadiottrico, che ti frega) e appostati all'Argentario, in Costa Smeralda, ma anche a Roma o Milano, e ci sei quasi. Poi certo ci vuole un po' di culo: il tuo, certo, ma anche quello della Belen. Consiglio 3 - Sei uno di quelli tosti: non accetti compromessi, sei un artista tu, mica un marchettaro di m... Non mi spaventi, sai? Ho un consiglio anche per te. Non originale, anzi riciclato. Riciclatissimo. Però se uno ci pensa su un attimo, e decide davvero di mettersi d'impegno, son certo potrebbe funzionare, come sempre. Le agenzie di Stock. No anzi, di Microstock. La grande illusione di ogni fotoamatore, non c'è libro o manuale che non consigli al fotografo di mettere le proprie foto su questi siti che, essendo Royalty Free, non chiedono nemmeno l'esclusiva. La stessa foto la puoi mettere su 10 siti diversi. Wow! Chissà quanti soldini guadagnerò! Pochi, pochissimi, se non sei davvero furbo. Il download delle foto viene pagato pochi centesimi, e prima di arrivare almeno a 100 euro di guadagno, devi aspettare mesi se non anni. Se non sei Matusalemme, non diventerai mai ricco. Eppure. Eppure. C'è chi guadagna bene anche in questo settore. Certo, sono fotografi che hanno iniziato questa carriera ai tempi in cui era più facile crearsi un seguito, oggi è più difficile, ma non impossibile. La logica di fondo è che è vero che guadagni pochi centesimi a foto, ma se butti dentro la Rete decine di migliaia di fotografie, ecco che il guadagno diventa interessante. Ma non basta. Se fai in modo che le foto siano quelle giuste, e non le solite immagini fotoamatoriali di paesaggio, tramonti, animali domestici e così via, le tue possibilità aumentano molto. Devi puntare al settore "advertising" (la pubblicità, insomma), fare in modo che le tue foto vengano scelte per manifesti, brochure e quant'altro. Studiati il mercato, organizzati in modo da poter realizzare ogni giorno centinaia di scatti, creati una lista di modelli e modelle (no, gli amici e le amiche non vanno bene, servono professionisti) da utilizzare negli "shooting", allontanati dai cliché - per emergere - e poi scatta anche foto banali e trite, perché non si sa mai. Un impiegato lavora otto ore al giorno: tu non un minuto di meno. Almeno sei giorni su sette. Migliaia di foto alla settimana. Trovati un fidanzato/a disponibile a lavorare al computer per inserire tutte le foto sui siti di microstock con tutte le keywords acconce (esistono softwares che facilitano la cosa). Ti sembra complicato? E allora: se vuoi, ti resta sempre il Totocalcio, mica si diventa ricchi cincischiando con gli amici! Consiglio 4 - Ma tu in verità sei un fotoreporter, non un impiegato della fotografia. Accidenti, ma sai che sei uno complicato, cavolo? Cosa vorresti: essere pubblicato su riviste e giornali a diffusione planetaria? Vabbe', però non mi risulta che nessuno, pubblicando reportage sui giornali, sia mai diventato davvero ricco (se fosse così, ora non perderei tempo a scrivere 'ste cazzate, avendo pubblicato circa 200 reportage sulle riviste). A meno che non si parli di uno scoop, ma di uno scoop vero. Cosa rara: cose tipo il Watergate avvengono tutti i giorni (ci scommetto), ma scoprirli è un'altra faccenda. Comunque posso darti dei consigli utili anche in questo campo. Prima di tutto scordati il Sociale. Sarà che viviamo nell'epoca dei "suprematisti", dei nazionalisti, dei Salviniani e così via e a nessuno fotte più un'emerita del destino di milioni di persone coinvolte in guerre e carestie. Roba per cuori delicati, eppoi mica tutti sono Salgado. Perciò, cuore di pietra e volgi lo sguardo altrove. Esattamente sui presunti nemici del popolo: lo so che fa molto Pol Pot o Kim Jong-Un, ma intendo dire che se realizzi un reportage bello tosto su Soros, è facile che te lo paghino bene, specie "certi" giornali. Poi c'è tutto il settore dello spettacolo (non parlo di paparazzate, in questo caso): reportage che raccontino i personaggi più amati dal pubblico ricevono sempre un'ottima accoglienza nelle redazioni. E non credere sia così difficile avvicinarli: l'importante è fingere di essere uno bravo e famoso, anche se non lo sei. Quanti politici fanno finta di essere intelligenti e non lo sono? Quanti attori si atteggiano a veri artisti e ululano come cani? Dunque, niente remore! Cercati il contatto giusto e chiedi l'esclusiva: più il personaggio (attore, cantante, politico) è famoso per la sua riservatezza, più il tuo servizio fotografico avrà valore. Se non riesci a convincere il personaggio a concederti il permesso di fotografarlo anche nelle sue attività più private, tenta con il ricatto. Tutti hanno scheletri nell'armadio. Lo so, è illegale. Che ti importa? Siamo in Italia...
Consiglio 5 - Ultima possibilità. Diventa un consulente per fotografi che vogliono diventare ricchi. Si fa così: trova qualche consiglio utile, tipo quelli che ti ho dato sin qui (Hmmmm). Mettili per bene all'interno di una pagina internet (meglio un sito vero e proprio) molto colorato e studiato da qualcuno che ci capisce e con tante foto esplicative acquistate per pochi centesimi su un sito di Microstock (non perdere tempo a farle tu, che il tempo è denaro). Ogni venti righe di testo metti un pulsantone in cui scrivi che i pochi furbi che ci clickeranno sopra potranno conoscere i segreti degli esperti per guadagnare con la fotografia "più di un chirurgo" o di altro professionista stimato. Solo loro potranno accedere al paradiso dei fotografi ricchi e di successo. Offri gratis un'anteprima, ma poi metti in chiaro che per accedere ai metodi di "marketing creativo per fotografi" il fesso... ehm, il cliente dovrà pagare una quota. Tienti alto (spara: 2-3000 €) e poi applica degli sconti per i primi 10 che si iscriveranno (e allunga a dismisura la promozione come "Poltroneesofa", tanto chi si mette a contare gli iscritti?) e il gioco è fatto. Come dici? Quali consigli dovresti vendere? Ah, ma allora sei davvero poco furbo. Ruba, cavolo, ruba! Il consiglio viene da Timothy Ferris, autore di "4 ore alla settimana", libro di gran successo sia in America che nel mondo, e questo già la dice lunga sulla china che l'umanità ha imboccato (io, comunque, il libro me lo sono letto, hai visto mai). Ferris consiglia, per lavorare appunto solo 4 ore alla settimana e acquistare tra le altre cose una bella Lamborghini (ora semplifico), di creare dei prodotti che forniscano alle persone strumenti pratici, atteggiandosi ad esperto (è incredibile quanto sia facile farsi credere un esperto in qualsiasi materia ed essere certificato per questo!) e trovando le risorse rubacchiando qua e là e rielaborando il tutto come fossero cose chissà quanto originali. Ti sembra disonesto? Rassegnati: se la pensi così, resterai socio a vita nel club di noi poveri squattrinati! A parte la citazione indiretta di Peter Høeg (e del suo romanzo "Il senso di Smilla per la neve") inserita nel titolo, questo breve post serve proprio a ragionare su quello che noi fotografi cerchiamo... nella fotografia. Credo che i più siano interessati soprattutto a raccontare - la propria vita, le proprie passioni o interessi - mentre altri cercano un modo per esprimere idee, sensazioni, addirittura emozioni. In tal senso, è ovvio che il tutto sia legato principalmente a una sorta di "autorappresentazione", cosicché davvero "ogni fotografia è l'autoritratto del fotografo che l'ha scattata" come sosteneva Robert Capa. Ma c'è secondo me una variante a quest'ultimo modo di intendere e concepire la fotografia, ed è il suo utilizzo come strumento per cercare - e auspicabilmente trovare - quel che spesso non si ha, intendo interiormente. In tal senso la fotografia è anche una specie di terapia, di strumento necessario a sopravvivere o comunque a vivere meglio. Credo che per me sia stata (e sia tuttora) soprattutto questo. Come dico sempre, la fotografia mi ha salvato la vita, nel senso che l'ha resa migliore, e di gran lunga. Ho sempre percepito il mio mondo interiore come - diciamo - "magmatico", in perenne subbuglio, decisamente incasinato. I pensieri, le riflessioni, le emozioni sono in perenne lotta tra loro e per lunghi anni non sapevo bene come gestire la cosa, anche perché ero giovane e inesperto, come si usa dire. Quando ho scoperto la fotografia "seria" - visto che poi fotografo da quando avevo dieci anni o poco più - ne ho subito verificato le qualità taumaturgiche, come si trattasse di una meditazione, o di un calmante, di un ansiolitico ecco. Per risolvere i problemi del mondo, David Henry Thoureau consigliava di uscire a fare una passeggiata: secondo me se oltre a passeggiare si fotografa, si sfiora la perfezione! Ci riflettevo proprio l'altro giorno mentre ero sul lago di Bolsena col mio amico Roberto, ed eravamo intenti a fotografare questa superficie lucida e immobile, vero "speculum coeli". I laghi (e l'acqua in generale) in quanto specchi naturali che riflettono la vastità del cielo, erano considerati sacri dalle antiche popolazioni in quanto riflettevano - di fatto - anche le "sembianze delle divinità", che non puoi guardare direttamente, ma che riflesse diventano accessibili. Nel riflesso del cielo, la divinità parla, comunica, si mostra; in quella perfezione che non è diretta ma mediata l'uomo può scrutare profondità altrimenti negate. Per questo - anche oggi, in un'era positivista e materialista, i laghi danno un profondo senso di pace. E per questo mi piace fotografarli, inseguendo quella quiete così difficile da raggiungere, ma che grazie a una fotografia posso almeno "percepire" e in parte fare mia. Molti trovano nel mare sensazioni simili. Io, che sono cresciuto in una cittadina di mare, non ho mai pensato fosse così: il mare è troppo vasto - e di rado davvero calmo - per svolgere la stessa funzione di un lago, sebbene possa senz'altro ispirare forza, energia, larghezza di pensiero.
Da quando vivo a Tuscania non sono più andato al mare (o quasi) ma spesso vado sul lago di Bolsena. Dispiace vederlo a volte maltrattato, sporcato e vilipeso da uomini troppo freddi e distaccati per ammirarlo con gli occhi del poeta o del fotografo, ma tuttavia rimane sempre fonte di ristoro per gli occhi e, certo, sorgente di profonda quiete... Scommetto che ti hanno sempre detto che la fotografia è una passione costosa, che per ottenere risultati davvero eccellenti non puoi non possedere una fotocamera di alto livello e "lenti" altrettanto di qualità.
E se ti dicessi che è assolutamente falso? La mia fotocamera più "performante" (in termini meramente numerici) è una APS-C da 20 megapixel, consente di ottenere files stampabili senza problemi anche nel formato 70x100 cm e più, ha tutto quel che serve per gestire nel miglior modo possibile i parametri della ripresa, un display OLED touchscreen davvero comodo, e oltretutto è compatta e abbastanza leggera. Con il suo 16-50 mm riesco a ottenere foto di cui sono pienamente soddisfatto, specialmente quando penso a quanto l'ho pagata: 70,00 € (solo corpo), naturalmente usata! Dirai: com'è possibile? Semplice, si tratta di una mirrorless Samsung del 2013 (la NX300), e visto che la casa coreana è uscita dal mercato strettamente fotografico già da qualche anno, le sue fotocamere (di altissima qualità, basta leggere le recensioni pubblicate a suo tempo sui vari siti online) hanno subito un rapido deprezzamento. Inoltre il mio esemplare ha un piccolo difetto: la rotellina che serve a cambiare i parametri è rotta, sebbene sia possibile utilizzare per lo stesso scopo il display touchscreen, e questo ne ha ulteriormente abbassato il "valore". Molti fotografi non accetterebbero mai di avere un modello obsoleto (anche se assolutamente valido), tanto meno un esemplare difettato. A me invece non importa e nel tempo ho acquistato diverse fotocamere a prezzi stracciati, che utilizzo col cuore leggero concentrandomi assai di più sui soggetti che alle specifiche tecniche della fotocamera stessa. Ma non voglio certo convincerti a fare lo stesso. Se desideri e puoi permetterti una "Super Full Frame" del valore di diverse migliaia di euro va benissimo lo stesso, ma il punto vero è: se disponi anche solo di 100,00 € puoi avere comunque una buona fotocamera, non top di gamma ma sufficiente per la gran parte degli utilizzi. In ogni caso non è lei a fare le foto: sei tu! Insomma, come ho scritto nel post della settimana scorsa, per imparare a fotografare in modo adeguato ti serve ben altro che una fotocamera: ti serviranno fantasia, impegno, ironia, curiosità, competenze... tutte cose che purtroppo non puoi comprare, sebbene tu possa magari avvantaggiarti seguendo un corso (come il mio corso "Smettere di Essere Principiante" realizzato assieme a Reflex-Mania) o leggendo dei libri (anche in questo caso ti consiglio di dare un'occhiata alle mie pubblicazioni). Sono strumenti in grado di accorciare i tempi ed esaltare le tue capacità, ma comunque la gran parte del lavoro spetta a te. E davvero questa è l'aspetto più intrigante della fotografia! |
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