Hai presente quei ritratti ottocenteschi che appaiono imperfetti e sicuramente "strani"? Oggi diversi fotografi cercano di riprodurre quel "mood" antico ricorrendo a tecniche come ad esempio il collodio umido. Il punto è che queste emulsioni sensibili antiche erano tutte ortocromatiche, non sensibili al rosso, e a questo si deve l'aspetto particolare delle foto, specialmente in caso di ritratti. Ovviamente c'era anche il fatto che si utilizzavano banchi ottici e dunque si notava la comparsa di un "bokeh" molto accentuato. A me questa cosa ha sempre affascinato ma, senza arrivare al Collodio Umido - tecnica intrigante ma complessa e costosa, visto che l'emulsione va stesa (al buio) direttamente sul campo e la foto va scattata prima che la stessa si asciughi e immediatamente sviluppata - ho sempre preferito ricorrere - semplicemente - alla carta fotografica bianco e nero che, com'è noto, è anch'essa ortocromatica. Certo, senza un banco ottico, è difficile ottenere quella certa resa... Beh, per farla breve non mi sono di certo comprato un banco ottico: sono filosoficamente contrario alle fotocamere ingombranti e pesanti, per me la fotografia è un fatto di leggerezza. Però mi è venuto in mente che negli anni '20 e '30 si ricorreva spesso a delle folding nel formato 9x12, in grado di soddisfare le mie esigenze. Una volta ripiegata, una fotocamera di questo tipo è compatta e facilmente trasportabile, una volta aperta è come un banco ottico in miniatura, con anche la possibilità di decentrare l'ottica, ovviamente non sostituibile. Data la mia passione per le folding, di cui ho già parlato... come resistere? Mi sono messo su eBay alla ricerca di un esemplare a prezzo stracciato (o quasi) ma in buone condizioni, soprattutto funzionante e alla fine ecco tra le mie mani un gioiellino tedesco di una marca che non conoscevo, ma con una discreta ottica 135 mm, soprattutto perfettamente utilizzabile. A parte ho comprato tre chassis necessari per montare la "pellicola" cioè - nel mio caso - la carta fotografica bianco e nero. Debbo dire che fotografare con una folding vecchia di 100 anni è per me particolarmente emozionante. Ancora non ho fatto nessuna uscita con la mia nuova compagna d'avventure, ma intanto ho sottoposto mia moglie Simonetta alla inevitabile tortura di fare da modella per i test. E' vero, sono un paesaggista e d'altra parte ricorrendo alla carta fotografica, che ha una sensibilità di soli 6 Iso, la scelta è quasi obbligata dati i tempi di scatto sempre generosi, ma comunque volevo provare. Le foto non sono nitidissime (Simo non riusciva a stare assolutamente immobile per tre secondi e il vetro opalino non è così limpido per una messa a fuoco precisa), però l'atmosfera e il look sono proprio "quelli". Mi sembra di essere la Cameron reincarnata! La gestualità è qualcosa di impagabile: comporre la foto sul vetro smerigliato, poi inserire lo chassis, estrarre il volet e scattare è qualcosa che non si può descrivere. Anche se poi si commettono errori da "principiante" (rispetto al mezzo) e mi son ritrovato dei "light leaks" dovuti alla non perfetta chiusura del volet dopo lo scatto. Poco male: farò pratica sul campo e poi ti dirò. Intanto posso dire che questi aloni, macchie e imperfezioni son proprio quelle cose che mi fanno apprezzare la mia nuova folding e scalpitare per portarla sul campo.
2 Commenti
Come sa chi mi conosce, adoro le vecchie fotocamere, specialmente quello non "lussuose", ma preferibilmente quelle in bachelite, a lente semplice, quelle utilizzate un tempo per realizzare le foto per l'album di famiglia. In fondo ho realizzato un intero progetto, e un libro, con simili apparecchi. Ma tra tutte le tipologie esistenti - e a differenza del digitale che tende un po' ad appiattire il mercato, ai tempi della pellicola di modelli e marche, come di formati, ce n'erano a bizzeffe - quella che di gran lunga prediligo sono le folding. Insomma, le fotocamere a soffietto. E' vero che non si può sostituire l'obiettivo (in genere un "normale"), ma la portabilità è eccezionale, e per me questa caratteristica è fondamentale. Perciò ti presento la mia nuova - probabilmente inseparabile - compagna d'avventure fotografiche, la Balda Baldalux 6x9 cm (ma permette anche di scattare il 6x6 e il 6x4.5). Nella foto sopra è chiusa e così diventa un "mattoncino" compatto e facilmente trasportabile nello zaino, con l'ottica e il soffietto ben protetti. Una medio formato (6x9 poi!) è generalmente pesante e ingombrante, anche se magari non come la mia Mamiya RB67 che, proprio per questo, non uso quasi mai. La Baldalux (e l'altra mia folding, la Zeiss nettar, sempre 6x9) è invece facile da usare, trasportare, gestire. Una gioia! Premi un pulsantino e - voilà - il "mattoncino" diventa una bella fotocamera, con tempi di scatto che vanno sino a 1 secondo, più posa B, e diaframmi da f/4.5 a 22. L'obiettivo è un fantastico Schneider Kreusznach 105 mm, che sul 6x9 corrisponde sul lato lungo a un 42 mm (con riferimento al piccolo formato) e su quello corto a un 63 mm. Buono per tutte le occasioni, anche se oggi se non hai un grandangolo che ti mostra anche le orecchie di chi scatta, o un tele che possa riprendere i crateri della luna, sembra che tu non possa vivere! Ieri perciò, bello pimpante e sotto una pioggerella insistente, me ne sono andato con Simonetta ad Acquapendente per scattare un rullo di prova. I soggetti sono stati i murales realizzati diversi anni fa sulle facciate di alcuni edifici del centro storico. Temevo che senza un grandangolo più spinto avrei avuto difficoltà, ma invece la Balda si è comportata bene. Inoltre con un 400 ISO (Fomapan) ho potuto scattare a 1/100 a f/11 a mano libera. Sebbene realizzate solo per prova, delle fotografie sono davvero molto soddisfatto, specialmente se penso che la fotocamera ha più di 70 anni di vita. L'obiettivo perde appena agli angoli estremi, per il resto è nitido come uno scalpello. Appunto, una gioia da usare. Poi questo genere di fotocamere ti obbliga a una sorta di "ritualità" che è diversa dal cercare affannosamente nel menù di una digitale l'apposito voce: qui devi soprattutto ricordarti le tre-quattro cose da impostare, meglio se nell'ordine. Prima di tutto la lettura esposimetrica, fatta con un piccolo accessorio cinesissimo, un esposimetro digitale delle dimensioni di una scatola di fiammiferi che si può anche collocare sulla slitta del flash e che ho verificato essere abbastanza preciso. Poi con calma (i comandi sono in effetti un po' piccoli) si impostano tempi e diaframmi che sono coassiali all'obiettivo. Poi si arma l'otturatore, si inquadra con il microscopico mirino (che però ci azzecca) e si preme finalmente il pulsante di scatto. Ragazzi, che bello. Con l'occasione ho anche provato lo svillupo Bellini Hydrofen; 6 minuti a 20° nella diluizione 1+15. Non credo sostituirà il mio amato Rodinal (o R09 che dir si voglia), sebbene i due sviluppi siano dati come molto affini, però anche lui si è comportato abbastanza bene, direi.
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