MARCO SCATAGLINI
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Maledetti New Topographics!

11/11/2020

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Ci ho messo trent'anni ad arrivare a sviluppare una ragionevole certezza su ciò che mi interessa fotografare e su come farlo. Senza le pressioni dei clienti editoriali che volevano foto "di un certo tipo" e senza la necessità di dover a tutti i costi apparire originale-creativo-innovativo-unico, mi sembrava di aver raggiunto la pace dei sensi (si fa per dire).
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Perciò negli ultimi anni a chi mi chiedeva cosa facessi, rispondevo: il fotografo. Vabbe', ma che tipo di fotografo? Il fotografo di paesaggio (con diverse declinazioni) in bianco e nero.E pure analogico, spesso, anche se non sempre.E molte volte all'infrarosso. Chiaro, abbastanza circoscritto, senza troppe incertezze. 
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a prima botta è arrivata approfondendo la figura di Luigi Ghirri che, in quanto fotografo di paesaggio, sentivo già affine. All'inizio le sue fotografie mi creavano disagio. Buone, per carità, ma così... diverse, ecco.

Non bastasse, ho approfondito anche Robert Adams e i New Topographics. Bamm,una vera tramvata, come dicono a Roma. Si sa che se ti scontri (a piedi) con un tram sei tu a farti male, mica lui. E infatti, dinanzi a tutti questi stimoli, sono andato in corto circuito.

Dapprima mi sono scoperto a fare, con la fotocamera stenopeica, fotografie "alla Becher" (intesi come coniugi e deus ex machina della Scuola di Dusseldorf).  Poco grave, succede.

Più significativo è stato iniziare a ragionare sul fatto che cercavo sempre di togliere dalle mie foto tutti quei cavolo di elementi di disturbo, che oggi come oggi sono tanti: pali elettrici, tralicci dell'alta tensione, cavi di vario genere, rifiuti, edifici orrendi, cemento sparso, asfalto, scie degli aerei, automobili parcheggiate e così via. E invece, improvvisamente fare questo gesto che compio da trent'anni (eliminare dall'inquadratura ciò che è estraneo all'ordine da imporre alla scena) m'è sembrato, come dire?, disonesto. 

​Improvvisamente, il progetto a cui sto lavorando mi sembrava inadeguato a rappresentare il mondo come è, come lo abbiamo 
ridotto. Certo, ci sono i miei amati ruderi, ma son sempre "belli", in fondo mi piacciono per questo. Ci volevano i New Topographics con i loro "man-altered landscapes" a farmi riflettere. Non è che se nascondi la polvere sotto il tappeto, la tua stanza è più pulita: semplificando al massimo il messaggio è questo. Acc!
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Tanto per provare, ho iniziato a non rifuggire più ciò che mi da fastidio, ma ad affrontarlo, fotograficamente intendo. E sai una cosa? Mi piace! Non che non preferisca passeggiare per forre e boschi e riprendere il rudere di una mola coperto dal muschio magari in una nebbiolina autunnale, ma ho cominciato ad aprire di più gli occhi, ad allargare l'angolo di campo.

La lezione di Robert Adams (di cui ho parlato la settimana scorsa) in tal senso è preziosa: è la luce, è la forma, è l'ispirazione che dona bellezza alle cose; la bellezza va riconosciuta, non solo scoperta.

E quando la troviamo oppressa e violentata, dobbiamo scavare nel nostro soggetto per trovarla di nuovo, e attraverso di essa denunciare (nel nostro piccolo) le colpe di una società come la nostra incapace di andare oltre il piccolo interesse personale, oltre l'immediato e il contingente, senza vedere il quadro generale.

Quando Robert Adams realizza i suoi progetti per mostrare la distruzione dei territori dell'Ovest americano (il mitico "West" di tanti film e romanzi) o la scomparsa delle foreste primarie, assume di sé una responsabilità che né i politici né molte delle persone intendono prendersi.
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Non sono certo di voler modificare la mia "visione" - e di quanto - ma so per certo che il confronto con i fotografi che prime di me, che prima di noi, hanno percorso certe strade, ha davvero molto, molto da insegnare.

Alla fine, penso sia questo il vero significato di "maestro", qualifica che spesso diamo ai vari Berengo Gardin o Scianna, Salgado o Ghirri, Weston o Friedlander. Non è soltanto un riconoscimento della qualità del loro lavoro (anche) ma soprattutto del fatto che hanno aperto nuove strade, permesso - a tutti noi - di far evolvere almeno un po'la nostra visione. Non è poco, non credi?
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Scatta come un "Pro"... o come un "Autore"?

15/9/2020

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Non so se tu desideri o meno fare della fotografia la tua professione, anche perché oggi la faccenda si è un tantino "complicata". Ma di certo per tanti anni il fascino del "Pro" (aggettivo ancora oggi ampiamente utilizzato per molti strumenti fotografici: obiettivi "pro", treppiedi "pro", fotocamere "pro"...) è stato elevato. Così, sono nati un sacco di corsi di fotografia che - dicono - sono in grado di insegnarti a "scattare come un Pro". Perché, si immagina, il "Pro" scatta foto proprio proprio belle...
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Se si fa un giro online è facile identificare le tecniche "esoteriche" che un tale personaggio (il fotografo Pro) dovrebbe saper maneggiare abilmente, se non altro per poterle poi insegnare a sua volta durante gli inevitabili workshop e i corsi a pagamento, che oramai sono una delle poche fonti di reddito per molti professionisti. Oltre ad essere un esperto di tempi e diaframmi, e di tutto quello che costituisce la "competenza fotografica", dunque, deve conoscere perfettamente tecniche come l'HDR, il Focus Stacking, i mille trucchi per ottenere valide foto notturne (con panoramiche composte da 20+20 o più fotografie) e così via.

La cosa che emerge con più evidenza, insomma, è che il focus è posto sulla tecnica e sulle attrezzature, come fotocamere, software e naturalmente computer in grado di gestire il tutto. Se sei un "Pro" (anche se il tuo reddito deriva da un altro mestiere...) devi avere attrezzature professionali, no?
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Alla fine gli "amatori" decidono anche di indebitarsi pur di essere in grado - magari un paio di volte l'anno - di realizzare una "straordinaria" foto della via lattea sulle Tre Cime di Lavaredo ricorrendo a una Full Frame di ultima generazione (Mark qualchecosa) e un grandangolare f/1.4.

Far credere ai fotografi che la tecnica sia tutto è un vecchio trucco di produttori e professionisti (in effetti l'ho usato anch'io in passato, faccio ammenda): d'altra parte la tecnica si può insegnare, mentre la "capacità di vedere" e la creatività no, si possono solo "risvegliare", perché tutti ne sono dotati. Poco utile nel marketing...
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Certo, anche io "insegno fotografia" e tengo corsi in collaborazione con Reflex-Mania (il corso "Smettere di Essere Principiante" sta per partire nuovamente per la V edizione) ma cerco di tenere desta l'attenzione non certo sulla tecnica (anche se poi uno spiega anche "come si fa") ma sullo sviluppare le proprie capacità attraverso l'esercizio, il confronto e l'apertura mentale. Insomma, offro delle scorciatoie per facilitare le cose, non un "pacchetto" pronto che permetta magicamente di diventare "bravi". Anche perché la cosa, credimi, è impossibile: si diventa bravi solo con fatica, esercizio, passione e un po' di dedizione. Chi sostiene il contrario sta barando.

​Pensa per un attimo a tutti i grandi Autori. Francamente, non me ne viene in mente nemmeno uno - tra i contemporanei che apprezzo - che ricorra a trucchetti come quelli citati al solo scopo di stupire il proprio pubblico. Non ci pensano proprio.

Utilizzano invece qualsiasi tecnica sia necessaria alle proprie necessità narrative (e certo, anche qualche "trucchetto", dall'ICM allo zooming come in Jodice, all'alto contrasto come in Giacomelli o Fontana), ma comunque la loro attenzione resta focalizzata sul contenuto delle fotografie, non soltanto sulla "confezione", che è importante, ma non l'essenziale.
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Magari qualcuno di loro potrebbe anche trovare utile una qualche tecnica digitale per un progetto, e anche in passato ci sono stati autori (come Jerry Uelsmann) dediti a sofisticate elaborazioni, ma mai per inseguire "l'effetto Wow" quanto per raccontare il proprio mondo, i propri sogni, le proprie idee, le proprie sensazioni e ovviamente suscitare anche meraviglia e stupore, se questo è utile ai propri scopi creativi. La tecnica segue l'idea, non la precede.

La cosa bella è che le buone idee sono difficili da trovare e da tradurre in fotografia, ma sono rigorosamente gratis, e non si possono commerciare. Potrei anche offrirtene una, ma comunque tu non potresti approfittarne, perché le idee sono "incise" nel cervello di chi le concepisce, e solo concretizzandole in un progetto, esse possono venir "esportate" e condivise.
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Anzi, la fotografia consapevole nasce e si afferma proprio perché ci sono state persone che desideravano condividere qualcosa e non trovavano un modo. C'è chi fa lo stesso con la pittura o la scrittura (o combinando più arti), ma comunque quel che conta è sempre l'Autore (scritto con la A maiuscola), colui o colei che ha qualcosa da dire e lo dice con sincerità, senza nascondersi dietro una tecnica "incredibile".

Per questo, dopo esser stato per tanti anni un "Pro", ora cerco di essere soprattutto un "Autore": voglio esplorare il mio mondo, e guardarlo con i "miei occhi", e raccontarlo per come lo vedo, non attraverso le competenze, le idee e le metodologie di qualcun altro, che sia un "Maestro" o  un "cliente" che paga.

Ho conosciuto diversi fotografi che aspirano a diventare "Autori", a onor del vero, ma non so se questo diventerà un nuovo "trend", anche se lo spero. Non è detto che si possa raggiungere la "fama" percorrendo questa strada (è quasi sicuro il contrario) ma di certo alla base di tutto c'è una scelta fatta a monte.
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Un autore latino di cui non ricordo il nome diceva che la fama è quella che ti danno gli altri, mentre il successo è qualcosa che uno trova da solo.

Tu solo puoi sapere se la tua ricerca avrà avuto successo, ma se vuoi essere un "Pro" nel vero senso del termine, allora dovrai ottenere almeno un po' di fama, altrimenti non riuscirai a trovare committenti per il tuo lavoro. In fondo Mario Giacomelli decise di rimanere tipografo tutta la vita proprio per non rinunciare mai alla propria libertà creativa. E' un bene prezioso, ma spesso ha un costo alto.

Anche solo rinunciare al successo online per alcuni può essere doloroso. Su Instagram, ad esempio, io pubblico solo foto bianco e nero e il più delle volte realizzate con fotocamere vintage o stenopeiche. In questi anni sono arrivato ad avere poco più di 900 follower: altri fotografi che fanno lo stesso tipo di immagini ne hanno un po' di meno, qualcuno parecchi di più, ma sempre con numeri limitati.

Ma se scattassi foto "mainstream" - bei luoghi colorati e spettacolari, ritratti di belle donne (o le due cose assieme), piatti ben cucinati, ecc. - magari potrei aspirare ad avere decine di migliaia di follower e potrei anche diventare un "Influencer", chi lo sa. Non lo dico per criticare: ottenere questo successo e mantenerlo costa fatica e impegno, è un lavoro vero e proprio.

Anche io lavoro con lo stesso impegno, ma non raggiungerò mai quei risultati, e non me ne dolgo. Ho fatto appunto una scelta diversa. Sta a te fare la tua. Ma se deciderai che essere un "Autore" è meglio che avere successo spostando - che so - verso destra lo "slider" della saturazione in Photoshop... allora preparati, non sarà un cammino facile!

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Nel caso ti interessasse approfondire il mio modo di vivere la fotografia, ti consiglio di andare nelle pagine Libri o ebook di questo sito. Grazie.
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Di motociclette e fotocamere

7/9/2020

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Se non sai quale fotocamera acquistare, forse è perché non hai le idee chiare: non sulle fotocamere, ma sulla fotografia in generale, sulla tua fotografia.

Quello che sto per scrivere in questo post farà arrabbiare qualcuno e deluderà qualcun altro, ma lo considero profondamente vero. 
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Quando ho deciso di rinunciare all'auto per passare a una motocicletta come mezzo di trasporto motorizzato, mi sono ritrovato nella stessa situazione in cui si trovano tanti principianti che chiedono consiglio a me su quale fotocamera acquistare. In realtà hanno già deciso cosa desiderano (anche se non va bene per loro), ma vorrebbero avere conferma che la loro scelta sbagliata sia invece giusta. Vorrebbero sentirselo dire da me, intendo. E io li deludo sempre, mannaggia.

Comunque, ora ero io il principiante assoluto: ho sempre amato le motociclette ma non ci capisco nulla. Inoltre il mio budget era molto limitato, cosa che complicava ancor di più la scelta. Dunque ho utilizzato le regolette che invito gli altri ad applicare quando si tratta di scegliere una fotocamera.

Dopo aver analizzato le mie necessità e capacità ho stabilito che la moto da acquistare dovesse avere queste caratteristiche:
  • essere economica, date le mie disponibilità, ma comunque di qualità accettabile;
  • essere parsimoniosa nella gestione (bollo, assicurazione, tagliandi, ecc.) e nei consumi, anche per motivi ambientali;
  • essere leggera, agile, poco impegnativa e facile da portare, visto che sono oltre 35 anni che non guido una moto, e allora era solo una piccola 125 cc;
  • essere adatta a terreni misti, visto che vado spesso su strade sconnesse e di campagna.
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Alla fine sono riuscito a trovare il giusto compromesso. Visto che utilizzo la moto tutto l'anno, anche in inverno, anche con la pioggia, ho preferito una moto "crossover", con un minimo di protezioni e il motore abbastanza alto da terra, di piccola cilindrata (250 cc) visto che non intendo farci viaggi molto lunghi o correre a 200 all'ora, ma invece realizzare viaggi brevi (in genere tra i 90 e i 180 km a/r) ma frequenti, è di costo basso ma ben costruita (la trovo anche bella), e così via. E dopo un anno, nonostante qualche incertezza e ripensamento, credo di aver scelto bene. Il "metodo Scataglini" funziona.
​
Molti di coloro che acquistano una motocicletta fanno invece un ragionamento diverso: vogliono il mezzo più grosso, potente, "cattivo" e figo su cui possono mettere le mani, anche se lo useranno solo nella bella stagione e per girare in città. Al limite per fare un viaggio una volta l'anno. Non è un caso che la moto più venduta in Italia sia la BMW 1200 GS, non proprio una motoretta, mentre la mia è solo 48° in classifica! 

Il punto è che a me 25 Cv bastano (anche se forse averne qualcuno in più a volte non guasterebbe), e che per quello che debbo farci la mia Benelli è adattissima. Ma soprattutto, come principiante, posso fare pratica senza rischiare e senza troppe difficoltà e magari, in futuro, passare a qualcosa di più "performante", ma a quel punto con la piena consapevolezza delle mie nuove necessità.
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Ecco, ora passa dalla motocicletta alla fotocamera e ragiona nello stesso modo. Se non sei esperto, una fotocamera evoluta e giocoforza complessa ti renderà la vita difficile, ti farà arrabbiare perché non la "capisci", non trovi mai il comando che ti serve, o sbagli addirittura regolazioni, e il vantaggio di avere una fotocamera "Top" viene meno. Scegli piuttosto una buona "entry level", assolutamente in grado di darti gli stessi risultati 9 volte su 10, a una frazione del costo e dell'ingombro, e soprattutto senza troppe complicazioni.

Chiediti: che uso intendo fare della fotocamera? Se devi realizzare spesso foto 300x400 cm, ok, una medio formato digitale fa per te, ma se più banalmente le foto le utilizzerai per progetti meno impegnativi, tieni conto che una fotocamera da 12-20 megapixel è più che sufficiente per avere stampe molto grandi, anche 70x100 cm. E parlo per esperienza.

Quante foto notturne realizzi all'anno? Se è uno sfizio da togliersi una tantum, che senso ha puntare su fotocamere Full Frame in grado di scattare a 6400 ISO senza rumore? Tieniti un po' di rumore e divertiti lo stesso!
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Viviamo in una società in cui si crede (ci fanno credere) che per ogni esigenza ci sia una specifica risposta, e che tale risposta sia sempre e comunque la più costosa, la più dispendiosa, la più impegnativa. Laddove basterebbe una microcar ti consigliano un SUV, dove sarebbe ampiamente sufficiente una casa di 60-70 mq ti spingono a fare un mutuo a vita per una villetta di 200 mq con giardino (che poi dovrai curare), per non parlare del vestiario, per cui anche per fare una passeggiata devi esibire camicie e pantaloni da top-model.

E' ovvio che chi produce e vende queste merci abbia tutto l'interesse a convincerti che per conseguire degli obiettivi avrai bisogno di attrezzature "adatte" ma credimi: solo tu puoi sapere davvero cosa ti serve, se solo fai un'analisi ponderata e scevra da condizionamenti.

Ricordati un'ultima cosa: un tempo, acquistavi una fotocamera e delle ottiche ed erano per sempre.Beh, quasi.

Dunque, investivi nella migliore Leica possibile, o in una Nikon o Canon, o Pentax di altissima gamma, sapendo che quell'attrezzatura magari l'avresti passata ai nipoti.

Oggi purtroppo non è più così. La tecnologia digitale non dura e non è facilmente riparabile: se capiti nel mio garage ti faccio vedere la piccola serie di Nikon che hanno deciso di suicidarsi, dopo un intenso uso (è vero) ma comunque senza particolari maltrattamenti. Ho anche un'Olympus il cui display è morto da tempo. E ricordo una volta che ho avuto un problema con una Canon G9: ripararla costava più che sostituirla e dunque è diventata un bel soprammobile.
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Il punto debole di ogni fotocamera - analogica o digitale - dovrebbe essere l'otturatore ma a me non è mai capitato che una tendina si bloccasse, si è sempre trattato dell'elettronica. Lo so che molti sostengono che l'elettronica sia più affidabile della meccanica, ma io ne dubito, soprattutto quando hai a che fare con umidità, sbalzi di temperatura, polvere e cose del genere. 

Insomma, non voglio per forza passare per il solito pauperista nemico della tecnologia e delle fotocamere costose (anche se un po' lo sono, sapevatelo), vorrei solo spostare l'attenzione dallo strumento al fine da conseguire.

Avere meno aspiranti "Pro" e più "Autori", ecco. Ed è questo che dedicherò i prossimi post, dunque se la pensi come me, come si dice, "stai connesso".

E per "piccolo spazio pubblicità" ti ricordo che di questo parlo da anni con e nei miei libri, che puoi trovare su Amazon o nella pagina Libri di questo sito!


     Le foto che mostrano me stesso all'opera sono di Roberto Maldera e Andrea Bovo
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    Sono un fotografo e un autore di saggi sulla fotografia (e non solo). Per oltre 15 anni ho collaborato con le più importanti riviste di viaggi e turismo, pubblicando oltre 200 reportage. Oggi mi occupo di fotografia creativa, alternativa e irregolare, sia analogica che digitale, e sono un ricercatore di “cose interessanti” da raccontare, soprattutto nel campo della fotografia, dei luoghi, della natura e dei paesaggi, anche grazie alle tecniche dello Storytelling.


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