MARCO SCATAGLINI
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Leggere un istogramma

31/3/2021

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Spesso mi viene chiesto come valutare, dal punto di vista esposimetrico, una fotografia: s'intende, già scattata. Insomma, come valutare di aver effettuato, sul campo, le scelte giuste e di non avere magari peggiorato le cose in postproduzione?

In genere rispondo sempre che, in effetti, abbiamo la possibilità di vedere quella che è (da ogni punto di vista) la "fotografia di una fotografia", cioè l'istogramma. E se la fotografia originaria ci confonde a causa del soggetto, dei colori, della composizione, l'istogramma è una "fotografia" più precisa e scientifica. Lo ammetto: è un po' (parecchio) meno affascinante!
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In effetti l'istogramma rappresenta, su ascisse e coordinate di un normale piano cartesiano, ogni singolo pixel della nostra fotografia, solo slegato dalle forme del soggetto e reso come pura quantità di luce.

A seconda della sua collocazione possiamo sapere se quel punto è scuro (se è più verso sinistra) oppure chiaro (se più verso destra), e di quanto. Ipoteticamente, il grigio di cui è riempito l'istogramma rappresenterebbe il numero di pixel della foto (ad esempio, 20 milioni), ma è sottinteso che parliamo di qualcosa di teorico. In verità a noi interessa soprattutto la forma complessiva dell'istogramma, che ci permette di valutare la nostra fotografia in modo efficacissimo e preciso.
 
Una breve nota prima di andare avanti: l'istogramma è visualizzabile anche in anteprima sul display della fotocamera, cosa che ci permette di scattare in modo più responsabile. Inoltre, si può controllare l'istogramma anche subito dopo lo scatto, a ulteriore verifica.
 
Per esperienza, però, questi istogrammi sono solo indicativi: fanno riferimento infatti al piccolo jpeg generato dalla fotocamera in allegato al file RAW (se si scatta in RAW, com'è sempre consigliabile) e che serve appunto per visualizzare la foto stessa: il formato grezzo, infatti, è solo un "grumo di pixel" che la macchina non può utilizzare direttamente. Dunque l'istogramma della fotocamera - già piuttosto piccolo - è anche poco preciso. Comunque aiuta, e molto.
 
Ma andiamo avanti. Diciamo che apriamo la nostra foto in un software tipo Lightroom di Adobe (ma ce ne sono tanti altri). La cosa buona è che questi software ti mostrano l'istogramma scisso nei tre canali RGB, cosa che consente di capire anche se la foto è bilanciata o meno dal punto di vista cromatico. Guarda la foto qui sotto.
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 Come puoi intuire è praticamente monocromatica, ma in realtà nel verde non c'è solo il verde, ma un mix di altri colori, come il blu. Possiamo notare che l'istogramma del verde è più alto a destra, il che vuol dire questo colore prevale nelle zone luminose, mentre nelle aree più scure e in ombra, al verde si sovrappone il blu, come dimostra il picco a sinistra. La foto, nel suo complesso è equilibrata dal punto di vista della distribuzione delle luminosità (d'altra parte è molto morbida), ma ha ovviamente (e volutamente) un totale sbilanciamento cromatico. Un altro esempio ancora più chiaro.
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In questo caso, come vedi, le aree illuminate dal sole sono "calde", e infatti il rosso e il verde (insieme danno il giallo) sono spostati a destra, mentre a sinistra, nelle aree in ombra, prevale il blu. All'estrema destra c'è un vuoto: significa che mancano le aree molto chiare, ma questo è normale trattandosi di una foto complessivamente "scura". Si potrebbe ovviare grazie alle curve (magari lo vedremo in un altro post), ma è una scelta del fotografo.
 
Se ragioniamo in termini di aree di colore, a volte è più semplice esercitarsi su istogrammi "monocromatici", presenti in tutti i software. Qui ti faccio degli esempi ripresi dal software gratuito (un semplice browser) FastStone. 
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La foto qui sopra è un classico esempio di immagine in cui prevalgono nettamente le aree chiare, com'è ovvio, visto che gran parte della scena è sostanzialmente bianca. Infatti abbiamo un picco tutto a destra (si potrebbe schiarire ancora la foto facendo in modo che l'attacco dell'istogramma tocchi il bordo a destra.
 
Leggendo l'istogramma, anche senza guardare la foto, sapremmo che presenta un'ampia zona molto chiara con dei dettagli più scuri, in tono grigio medio, ad eccezione del tronco in primo piano a cui si deve il piccolo picco (scusa la cacofonia) a sinistra.
 
Questo per dire che non è detto che - come si legge spesso online - l'istogramma debba essere una curva perfettamente centrata: anzi, in genere una simile foto è piatta e priva di contrasto. Teoricamente, se possibile, in fase di ripresa occorrerebbe puntare a ottenere un istogramma il più neutro possibile o, meglio, sbilanciato (senza esagerare) a destra. Ma di questo magari parleremo in un'altra occasione.
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Un istogramma equilibrato è ovviamente desiderabile nei casi di foto in cui la morbidezza delle luci è fondamentale (vedi foto qui sopra). L'istogramma è spostato a sinistra, perché la scena è in ombra , ma la foto nel suo insieme è equilibrata. L'istogramma si abbassa molto sul lato destro, ma arriva comunque a toccare il bordo.
Facciamo un esempio molto più estremo.
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In questa foto potresti quasi chiederti: oddio, che fine ha fatto il mio istogramma!? In realtà la foto presenta un'ampia zona del tutto nera e senza dettaglio (picco strettissimo all'estrema sinistra) e un'ampia zona chiara (picco strettissimo all'estrema destra). Una foto dal contrasto esagerato, come richiesto dal soggetto, giocato sulla fusione tra il cavaliere e gli alberi in silhouette.
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Una situazione simile, ma meno drastica, è quella della foto sopra: un'area buia molto grande che però non diventa mai "nera. Anche nelle ombre più scure, come nelle luci più chiare, è bene ci sia sempre un minimo di dettaglio. Ovviamente l'istogramma manca del tutto del lato destro, ma trattandosi di una foto decisamente "buia" è normale.
 
Non pretendo di esaurire un argomento così vasto e articolato con queste brevi note, che però spero ti siano utili a comprendere l'importanza dell'istogramma, che va sempre consultato in fase di postproduzione per capire da dove si parte e dove si vuole arrivare.

Non occorre che si arrivi a un istogramma "perfetto", è sempre una questione di scelte, l'importante è che siano consapevoli, e non errori involontari. L'istogramma ti aiuta a ottenere quel che ti eri prefisso in fase di ripresa, e non va quindi considerato come un limite, anzi è una grande possibilità. Soprattutto, quando non si riesce a capire bene "cosa non va" in una foto, ti rivela ogni arcano della ripresa, dalle dominanti nascoste ai "buchi" nelle luci e nelle ombre, senza tra l'altro che ci metta lo zampino qualche problema di tipo tecnico, tipo un'errata calibrazione (o assenza totale della stessa) del nostro monitor.
​ 
Insieme alle curve, insomma, permette davvero di avere il controllo totale delle nostre fotografie.
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Il test della verità (si fa per giocare)

23/3/2021

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Se potessi avere 30.000 euro...

Beh, non proprio le mille lire al mese della canzone anni '30 (allora però 12.000 lire l'anno erano un bel vivere), ma comunque una cifra che molti si possono permettere di spendere per un'automobile, ad esempio. Ma non è di automobili che voglio parlare. Parliamo di fotografia, invece, e immaginiamo che un giorno tu riceva una telefonata da un notaio: un misterioso "zio in America" di cui ignoravi l'esistenza è morto e ti ha lasciato in eredità una parte dei suoi averi, bei 30.000 euro (o dollari, visto che viveva negli USA).  

Ma potrebbe andar bene anche una vincita al Totocalcio, se l'ipotesi di aggrada di più (ma la possibilità che si verifichi la prima è più alta).

Decidi che, visto che è un dono piovuto dal cielo, che non ti aspettavi e che non hai nemmeno dovuto faticare per ottenere, destinerai l'intera cifra a spese di tipo fotografico. Saggia scelta, direi. 
Bene, cosa acquisti?

Quello che ognuno compra - in qualsiasi campo, ma ancor più in campo artistico ed espressivo - è molto significativo. Rivela le priorità e anche la psicologia del soggetto. Dunque facciamo - tanto per giocare - questa sorta di test. Alla fine somma i punti assegnati e controlla il tuo profilo. Mi raccomando di essere sincero (tanto chi lo viene a sapere?) altrimenti in test non funziona (ma non so se funziona comunque)...

1 - Una fotocamera nuova con obiettivo performante - Direi un classico, la prima cosa che viene in mente, in effetti. Quale fotografo non desidera acquistare una fotocamera migliore di quella che ha già? E un obiettivo più performante e professionale, e magari luminoso? E' umano, sebbene spesso non porti a reali miglioramenti delle proprie fotografie. Con 30.000 € potresti permetterti  una medio formato digitale, anche se poi non ti resterebbe granchè per altro.
Non acquisto nessuna fotocamera > 10 punti
Investo solo 5000 € per la fotocamera > 5 punti
Investo tutto in fotocamera e obiettivo > 0 punti

2 - Un viaggio fotografico che sogno da tempo - Magari anche con la guida di un fotografo esperto, una sorta di Workshop per migliorare le proprie capacità fotografiche. D'altra parte sei fermamente convinto che solo viaggiando puoi perfezionare il tuo modo di fotografare, che solo l'esotico sia in grado di stimolare e liberare le tue energie creative.
Non faccio nessun viaggio esotico > 10 punti
Investo la metà della cifra per i miei viaggi > 5 punti
Investo tutto per un giro del mondo fotografico > 0 punti

3 - Acquisto un sacco di libri fotografici e viaggio per andare a vedere musei di fotografia e mostre fotografiche - Punti tutto sulla cultura, o quasi. Con una cifra del genere puoi permetterti di andare a visitare un sacco di mostre, anche all'estero, e anche numerosi festival, di qualunque tipo. Certo, con l'occasione farai un sacco di fotografie, ma non è questo lo scopo principale del tuo viaggiare. Inoltre acquisti tutti quei libri fotografici il cui prezzo ti aveva sinora spaventato. Anche quelli "vintage" e introvabili, che ora puoi permetterti di pagare a prezzo di collezionismo. Wow!
Investo tutto per acquistare libri e vistare mostre > 10 punti
Almeno 10.000 € li investo in libri e mostre > 5 punti
Non spendo nemmeno un centesimo per 'sta roba > 0 punti

4 - Finanzio una mia mostra o la pubblicazione di un libro fotografico di un mio progetto - Magari ti reputi già piuttosto bravino, e dunque perché spendere per imparare ancora? Meglio puntare a diffondere il proprio lavoro. Da anni hai quel meraviglioso progetto, e ora finalmente ne potrai ricavare una mostra con stampe 70x100 cm... anzi no 300x400 cm, su carta Fine Art, montate su pannelli Dibond in alluminio. Costo quasi 500 euro l'uno, ma ne vale la pena. Oppure potrai finalmente autopubblicarti un libro fotografico: 5000 copie in offset, stampa duotone su carta patinata high-gloss, CFC, fatta a mano. Roba del genere.
Investo tutto per pubblicare il mio libro o realizzare una mostra > 5 punti
Investo una parte del capitale per una mostra o un libro > 10 punti
Non investo neanche un sesterzio per queste cose autocelebrative > 0 punti

Bene, ci siamo. Ora finalmente, grazie a questo test altamente scientifico (ah ah ah ah ah!) pensato da grandi conoscitori della psiche dei fotografi, saprai che tipo di essere umano (e giocoforza fotografo) sei. La rivelazione di questa verità potrebbe scioccarti, ma cerca di mantenere la calma: a tutto c'è rimedio, tranne che... vabbe' lo sai.

Da 20 a 30 punti - Per la miseria,  più saggio di Yoda, sei. O almeno appari. Perché suvvia, hai mentito spudoratamente, anche se lo negherai pure sotto tortura. Comunque sei bravo, ma proprio bravo. Miss/Mister perfettino/a. A chi vuoi darla a bere? Sei così perfetto che la circonferenza si è sucidata dopo la tua nascita. E ovviamente spenderai tutti i soldi per fare beneficenza, altro che fotografia...

Da 10 a 15 punti - Oh, finalmente una personcina normale! Con le sue debolezze e i suoi punti di forza. Sei posato, tranquillo, in grado di controllarti. A volte, come fotografo, sei dannatamente noioso, con quelle foto tutte leccate, precisine, perfettamente a fuoco, magnificamente composte, un po' fiacche nel contenuto machissenefrega. Sei la persona giusta a cui affidare i propri soldi ma, data l'eredità appena ricevuta, forse è meglio chiderteli. Nella certezza che magnanimamente li concederai a un tasso accettabile.

Da 0 a 5 punti - Hai l'onestà di un Charles Manson, e lo stesso rigore morale. Ma in fondo è meglio così: l'artista deve essere maledetto. E tu lo sei, perbacco. Se 30.000 euro bastassero ti faresti costruire la Morte Nera, ma per ora ti accontenti di una fotocamera quasi altrettanto tecnologicamente dotata anche se meno distruttiva, e di certo più portatile. Beh, auguri, Dart.
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La foglia fotografa

15/3/2021

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Quando si parla di editing, specialmente di un libro, si pone una particolare enfasi su due foto: quella di apertura, che deve indurre lo spettatore a "entrare" nella serie, e quella di chiusura che - in teoria - deve lasciare un indelebile ricordo (si fa per dire) delle foto appena viste.

​Perciò immagina con quanta ansia un fotografo si avvicina alla scelta di queste due foto che possono determinare se non il successo, almeno la piena riuscita di un lungo lavoro!
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Per il mio progetto "FOTO|SINTESI" la scelta è stata particolarmente difficile, soprattutto per la foto di chiusura. Alla fine ho deciso, optando per una foto che i più - sicuramente - considereranno confusa e magari poco significativa. Un bel rischio lasciare un simile ricordo in chi avrà sfogliato tutto il libro. Il fatto è che in questo caso ha prevalso l'aspetto diciamo "intellettuale" - ma in verità sentimentale - rispetto a quello meramente iconografico.

​Infatti, mi piaceva troppo l'idea di chiudere il libro con una foto scattata utilizzando una foglia come "obiettivo", dunque guardando il bosco dal punto di vista dell'albero...
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Ovviamente parliamo di un foro stenopeico naturale, quello che qualche insetto ha creato sulle foglie cadute nel sottobosco. Ho faticato non poco a trovare la foglia giusta: a volte il foro era troppo grande, a volte troppo irregolare.

Infine, ai piedi di un grande e annoso Bagolaro (Celtis australis) ho incontrato il mio "obiettivo". Un albero come questo ne ha "viste" di cose! le sue foglie debbono saper raccontare storie niente male.

Avevo già predisposto il meccanismo per utilizzare la foglia "giusta", fissando a un tappo della fotocamera (una Olympus Micro4/3), opportunamente forato, un telaietto per diapositive apribile, di quelli con i vetrini. All'interno ho collocato al centro la mia foglia bucata e tutt'intorno altre foglie per evitare infiltrazioni di luce. Sorpresa: l'insieme funziona!

​Certo, il "pinhole" è impreciso e decisamente ampio per la lunghezza focale della piccola mirrorless, ma alla fine si ottengono immagini poco nitide ma evocative.​
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Le foglie secche non sono del tutto impermeabili alla luce e colorano dunque l'immagine nei toni dell'ocra e di un po' di verde residuale, come si vede nella foto sopra, quella prescelta per chiudere appunto il libro.

A me sembra una foto "primordiale", in cui non conta tanto quel che si vede, quanto quel che si percepisce, quasi come la nota fotografia di Niepce, la prima ufficialmente riconosciuta, realizzata dalla finestra del suo studio. 
​
Ho davvero avuto l'impressione di guardare con gli occhi dell'albero: secondo i botanici le piante hanno una sorta di senso della "vista", sebbene ben diverso da quello degli animali. Diciamo che sanno orientarsi nello spazio inseguendo la luce - o fuggendola, come nelle specie "sciafile" o come nelle radici - e dunque questa foto suggerisce appunto una modalità visiva poco sviluppata ma legata alla luce, e alla magia di quel fenomeno da cui tutti dipendiamo per vivere, chiamato appunto fotosintesi...

Trovi tutte le informazioni sul mio progetto e sul libro nell'apposita pagina di questo sito.
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L'attimo e l'eternità

11/3/2021

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Disse il tarlo al grande noce: dammi tempo, che ti divoro! Così recita un detto napoletano (dicette ‘o pappece in faccia ‘a noce: damme tiempo, che te spertuso!). 
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Non c’è alcun dubbio che il tempo possa essere il più grande alleato, o il peggior nemico, del fotografo. Ne parlo nel mio libro “Fotografare cos’altro è”, da cui traggo alcune delle seguenti riflessioni.
Il tempo è, dopo la luce, il principale strumento che il fotografo utilizza per realizzare le proprie opere. E a volte lo maltratta in modo anche violento. Noi fotografi maneggiamo l’istante nel tentativo di renderlo eterno.  
Dunque, siamo dei “rammendatori” temporali: “…la fotografia opera nel tempo e nello spazio un rammendo: un’inquadratura, sopravvenendo all’istante che cattura, impedisce al tempo di scorrere” (J.C. Bailly, “L’istante e la sua ombra”). 
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Ricuciamo strappi, e nel farlo, ci rendiamo complici del tempo stesso, e occorre una certa cura per non rimanere coinvolti in questo flusso che tutto porta via con sé.
Il libro di Bailly è una disamina interessante e profonda del rapporto che il tempo ha con le nostre vite, e di come tutto questo possa passare attraverso una fotografia, anzi una skiagrafia. Se "fotografia" significa "disegnare con la luce", il termine skiagrafia significa "disegnare con le ombre" (skia in greco significa appunto ombra).
 
Ci hai mai pensato all'importanza delle ombre nella storia dell'arte, e nello specifico della fotografia? 
 
E' vero che senza luce non ci sarebbe ombra, ma alla fine il vero artefice di una foto è quest'ultima, che ne rappresenta l'anima stessa. Se vuoi, "l'anima oscura".
Il libro prende il via dalla foto "Il covone" (The Haystack, che si vede in copertina) di Fox Talbot contenuta nel suo libro "The Pencil of Nature" (1844-46), e arriva a un'immagine per certi versi simile, eppure così drammaticamente diversa: quella di un uomo e della scala che gli era vicina "fotografati" su una parete dall'esplosione della bomba atomica di Hiroshima, che dissolse entrambi in un lampo di luce e la potenza di "10.000 Soli". 
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Non sempre la luce è simbolo positivo. Non sempre l'ombra è negativa. 
100 anni quasi esatti di storia separano le due immagini, e quella scala - strumento per elevarsi - diviene da simbolo del lavoro umano, un simbolo della follia della guerra. Il tempo non passa mai invano, ma noi non sappiamo approfittarne.

Fermare l’attimo dunque significa “uccidere” il soggetto, come ha fatto la luce radioattiva con l'uomo di Hiroshima, al punto che la fotografia “istantanea”, non appena disponibile, verrà accusata di “cucire assieme nel sacco portatile dell’istante” il morto e il vivo, come scrive ancora Bailly. 
 
Ecco spiegato il motivo per cui certe immagini degli inizi della storia della fotografia ci affascinano, ed ecco perché stanno tornando di moda i tempi di scatto lunghi  (da un secondo a decine di secondi), resi possibili dai filtri ND 1000 che tolgono ben 10 (oggi si arriva anche a 16) diaframmi di luminosità alla scena ripresa. Ed ecco perché c'è chi come me utilizza la fotografia stenopeica restando in paziente attesa che l'esposizione si compia nel volgere di diversi secondi, o minuti, a volte ore.
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Un paesaggio, soprattutto se vi è presente dell’acqua (un torrente, il mare) apparirà allora totalmente diverso da come lo vedono i nostri occhi, letteralmente trasfigurato. 
 
E' come se volessimo - in questo modo - raccogliere più tempo, farne indigestione, catturarlo e fermarlo, per allontanare da noi la paura della fine, per scongiurare quel nichilismo che è la caratteristica saliente della nostra civiltà occidentale.  
Il dio Crono divora i propri figli come il tempo fa con le nostre vite - dopo che una profezia gli aveva predetto che uno di loro lo avrebbe spodestato, come in effetti fece Zeus -  stando alla mitologia dei Greci. Che non poterono fare a meno di ideare però anche un altro tempo. 
 
Il tempo divino, il tempo in cui nulla trascorre, in cui nulla si consuma. Un tempo apparentemente negato agli umani. Se non, forse, nel tempo breve di una fotografia. Il kairòs è un tempo che non è vuoto, che non è a nostra disposizione ma ci viene donato: ogni istante (kairòi) è un kairòs, un momento opportuno per incontrare il tempo, l’eternità. 
 
Nel Nuovo Testamento, il kairòs indica il tempo in cui Dio agisce, che dunque non è il tempo come lo concepiamo noi umani, ma qualcosa di molto speciale: rappresenta il presente, l’eterno presente, l’unico tempo di cui davvero disponiamo ma di cui non sappiamo approfittare, perché le fauci di Crono continuano a divorarlo, fameliche. Vivere il presente significa vivere il kairòs. 
 
Non come un momento qualsiasi, ma il momento, quando un’opportunità per fare qualcosa di significativo si presenta come - appunto - scattare una fotografia. 
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Arricchirsi con la fotografia: 5 consigli che funzionano (quasi) di sicuro

1/3/2021

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Gente strana, i fotografi. Voglio dire: se uno è appassionato di corsa campestre, o gioca con i trenini, o si dedica alla lettura, ai videogiochi o alle mille altre possibilità che esistono di avere un hobby, non è che sta sempre lì a pensare come guadagnarci qualcosa. Va bene, esistono professionisti in ogni settore  e un collezionista di francobolli potrebbe anche scoprire un "Gronchi rosa" e guadagnarci su bei soldini, ma non è certo ossessionato dall'idea di dover guadagnare qualcosa da un passatempo, non lo fa per quello. Invece, i fotografi son sempre lì a chiedersi: come posso guadagnare grazie alle mie foto?
Presumo sia colpa da un lato di un retaggio del passato, quando i "professionisti" erano il modello di riferimento, dall'altro del costo delle attrezzature, che spinge a cercare un certo "ammortamento" economico. Sia come sia, non esiste sito, rivista o libro che non abbia dei suggerimenti su come "guadagnare grazie alle tue foto": e giù consigli originali e innovativi (no: son sempre gli stessi).
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Allora, per completezza dell'informazione - sia mai che questo mio blog venga considerato poco attento alle esigenze dei lettori - ecco i miei cinque consigli per arricchirsi grazie alle tue foto. Dico arricchirsi perché son capaci tutti a suggerire tecniche per guadagnare qualche spicciolo, ma nessuno ti dice davvero come puoi diventare ricco sfondato grazie a una fotografia (Una? Si, ne basta una, se è quella giusta. Fidati).
 
Ecco i miei consigli. Poi ci rivediamo alle Bahamas (anche se non credo ci andrò mai: odio il caldo).
 
Consiglio 1 - Non sono le fotografie a guadagnare, sono i fotografi. Dirai: grazie al... Però è così: non importa che foto hai fatto, se l'hai fatta tu e avrai fatto in modo che abbia un buon GVA (Grande Valore Apparente). Il mondo dell'arte in generale è pieno di pittori, scultori e fotografi che hanno lavorato per crearsi una fama, e tutti a dire: ah, però che grande artista! Nessuno, però, che conosca le loro opere, ancor meno le capirebbe, comunque. Non è un mondo per sfigati: se vuoi davvero arricchirti con la fotografia applica alla lettera lo logica che, se vuoi essere qualcuno, devi apparire  famoso, importante e di successo. Lascia stare i concorsi per poveri fotoamatori del cazzo, punta dritto verso gallerie importanti, mostrati sicuro delle tue capacità, fai appostamenti in via Giulia a Roma per beccare Bonito Oliva mostrandogli le tue foto ancor prima che abbia modo di reagire, o fai incazzare Sgarbi dandogli della "capra!" (questa tecnica è più facile) e quando ti prenderà a schiaffi diventerai ipso facto famoso. Sarai il fotografo preso a schiaffi da Sgarbi e il gioco è fatto. A chi vuoi che importi che foto fai? Fotografa cacche di piccioni sui muri con lo smartphone e fatti scrivere una nota critica da qualche criticone importante (costo medio sui 3000 €, ma sono un buon investimento) e avrai tutto quel che ti serve. Gli emiri della penisola arabica hanno già in caldo l'assegno da due milioni di dollari per te. E se pensi che racconto solo cazzate (che è vero, ma non dirlo in giro), sappi che la foto più costosa della storia non è di Weston o Adams, di Gursky o Angelica Hofer: è di un tal Peter Lik (e chi è? dirai, l'ho detto anch'io), e si intitola (che fantasia!) "Phantom". La foto di per se è gradevole, ma vista e stravista, di una disarmante banalità, ed è stata pagata ben 6,5 milioni di dollari. C'è chi dice sia solo un'operazione di marketing. Vedi che ho ragione?
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Consiglio 2 - Va bene, vuoi tenerti basso, non hai voglia di Martini on the rocks a bordo di un motoscafo battente bandiera panamense, non vuoi dover presenziare a ogni fottuto vernissage di tue mostre al MoMA, vuoi invece continuare la tua vita avendo però bei soldoni in banca, guadagnati senza fare una cippa, cioè fotografando. Va bene. Allora prova con le paparazzate. Lo so che da quando Corona è decaduto questo settore attira molto meno, ma se pensi a quanto vengono pagate le foto (poco nitide, brutte, scattate al volo e senza un minimo di grazia) pubblicate su certe riviste, beh... ci farei un pensierino. Quando qualcuno ti farà osservare che "paparazzare" la diva o il divo della TV, del cinema o della canzone non è certo una forma d'arte, contrapponi due dati incontrovertibili: primo, che il termine "paparazzo" deriva dal personaggio interpretato da Enzo Cerusico in " La Dolce Vita" di Fellini (e scusa se  poco); secondo, che una foto di due personaggi famosi che trombano può arrivare a valere 50.000 eurini, che qualsiasi fotografo "fine art" con la puzza sotto al naso non vedrà che in cartolina, se non appartiene al "gotha" dei 10-15 fotografi strafamosi (e anche in quel caso, è dura). Prendi la reflex, buttaci su due duplicatori di focale, un tele da 500 mm (anche catadiottrico, che ti frega) e appostati all'Argentario, in Costa Smeralda, ma anche a Roma o Milano, e ci sei quasi. Poi certo ci vuole un po' di culo: il tuo, certo, ma anche quello della Belen.
 
Consiglio 3 - Sei uno di quelli tosti: non accetti compromessi, sei un artista tu, mica un marchettaro di m... Non mi spaventi, sai? Ho un consiglio anche per te. Non originale, anzi riciclato. Riciclatissimo. Però se uno ci pensa su un attimo, e decide davvero di mettersi d'impegno, son certo potrebbe funzionare, come sempre. Le agenzie di Stock. No anzi, di Microstock. La grande illusione di ogni fotoamatore, non c'è libro o manuale che non consigli al fotografo di mettere le proprie foto su questi siti che, essendo Royalty Free, non chiedono nemmeno l'esclusiva. La stessa foto la puoi mettere su 10 siti diversi. Wow! Chissà quanti soldini guadagnerò! Pochi, pochissimi, se non sei davvero furbo. Il download delle foto viene pagato pochi centesimi, e prima di arrivare almeno a 100 euro di guadagno, devi aspettare mesi se non anni. Se non sei Matusalemme, non diventerai mai ricco. Eppure. Eppure. C'è chi guadagna bene anche in questo settore. Certo, sono fotografi che hanno iniziato questa carriera ai tempi in cui era più facile crearsi un seguito, oggi è più difficile, ma non impossibile. La logica di fondo è che è vero che guadagni pochi centesimi a foto, ma se butti dentro la Rete decine di migliaia di fotografie, ecco che il guadagno diventa interessante. Ma non basta. Se fai in modo che le foto siano quelle giuste, e non le solite immagini fotoamatoriali di paesaggio, tramonti, animali domestici e così via, le tue possibilità aumentano molto. Devi puntare al settore "advertising" (la pubblicità, insomma), fare in modo che le tue foto vengano scelte per manifesti, brochure e quant'altro. Studiati il mercato, organizzati in modo da poter realizzare ogni giorno centinaia di scatti, creati una lista di modelli e modelle (no, gli amici e le amiche non vanno bene, servono professionisti) da utilizzare negli "shooting", allontanati dai cliché - per emergere - e poi scatta anche foto banali e trite, perché non si sa mai. Un impiegato lavora otto ore al giorno: tu non un minuto di meno. Almeno sei giorni su sette. Migliaia di foto alla settimana. Trovati un fidanzato/a disponibile a lavorare al computer per inserire tutte le foto sui siti di microstock con tutte le keywords acconce (esistono softwares che facilitano la cosa). Ti sembra complicato? E allora: se vuoi, ti resta sempre il Totocalcio, mica si diventa ricchi cincischiando con gli amici!
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Consiglio 4 - Ma tu in verità sei un fotoreporter, non un impiegato della fotografia. Accidenti, ma sai che sei uno complicato, cavolo? Cosa vorresti: essere pubblicato su riviste e giornali a diffusione planetaria? Vabbe', però non mi risulta che nessuno, pubblicando reportage sui giornali, sia mai diventato davvero ricco (se fosse così, ora non perderei tempo a scrivere 'ste cazzate, avendo pubblicato circa 200 reportage sulle riviste). A meno che non si parli di uno scoop, ma di uno scoop vero. Cosa rara: cose tipo il Watergate avvengono tutti i giorni (ci scommetto), ma scoprirli è un'altra faccenda. Comunque posso darti dei consigli utili anche in questo campo. Prima di tutto scordati il Sociale. Sarà che viviamo nell'epoca dei "suprematisti", dei nazionalisti, dei Salviniani e così via e a nessuno fotte più un'emerita del destino di milioni di persone coinvolte in guerre e carestie. Roba per cuori delicati, eppoi mica tutti sono Salgado. Perciò, cuore di pietra e volgi lo sguardo altrove. Esattamente sui presunti nemici del popolo: lo so che fa molto Pol Pot o Kim Jong-Un, ma intendo dire che se realizzi un reportage bello tosto su Soros, è facile che te lo paghino bene, specie "certi" giornali. Poi c'è tutto il settore dello spettacolo (non parlo di paparazzate, in questo caso): reportage che raccontino i personaggi più amati dal pubblico ricevono sempre un'ottima accoglienza nelle redazioni. E non credere sia così difficile avvicinarli: l'importante è fingere di essere uno bravo e famoso, anche se non lo sei. Quanti politici fanno finta di essere intelligenti e non lo sono? Quanti attori si atteggiano a veri artisti e ululano come cani? Dunque, niente remore! Cercati il contatto giusto e chiedi l'esclusiva: più il personaggio (attore, cantante, politico) è famoso per la sua riservatezza, più il tuo servizio fotografico avrà valore. Se non riesci a convincere il personaggio a concederti il permesso di fotografarlo anche nelle sue attività più private, tenta con il ricatto. Tutti hanno scheletri nell'armadio. Lo so, è illegale. Che ti importa? Siamo in Italia...

Consiglio 5 - Ultima possibilità. Diventa un consulente per fotografi che vogliono diventare ricchi. Si fa così: trova qualche consiglio utile, tipo quelli che ti ho dato sin qui (Hmmmm). Mettili per bene all'interno di una pagina internet (meglio un sito vero e proprio) molto colorato e studiato da qualcuno che ci capisce e con tante foto esplicative acquistate per pochi centesimi su un sito di Microstock (non perdere tempo a farle tu, che il tempo è denaro). Ogni venti righe di testo metti un pulsantone in cui scrivi che i pochi furbi che ci clickeranno sopra potranno conoscere i segreti degli esperti per guadagnare con la fotografia "più di un chirurgo" o di altro professionista stimato. Solo loro potranno accedere al paradiso dei fotografi ricchi e di successo. Offri gratis un'anteprima, ma poi metti in chiaro che per accedere ai metodi di "marketing creativo per fotografi" il fesso... ehm, il cliente dovrà pagare una quota. Tienti alto (spara: 2-3000 €) e poi applica degli sconti per i primi 10 che si iscriveranno (e allunga a dismisura la promozione come "Poltroneesofa", tanto chi si mette a contare gli iscritti?) e il gioco è fatto. Come dici? Quali consigli dovresti vendere? Ah, ma allora sei davvero poco furbo. Ruba, cavolo, ruba! Il consiglio viene da Timothy Ferris, autore di "4 ore alla settimana", libro di gran successo sia in America che nel mondo, e questo già la dice lunga sulla china che l'umanità ha imboccato (io, comunque, il libro me lo sono letto, hai visto mai). Ferris consiglia, per lavorare appunto solo 4 ore alla settimana e acquistare tra le altre cose una bella Lamborghini (ora semplifico), di creare dei prodotti che forniscano alle persone strumenti pratici, atteggiandosi ad esperto (è incredibile quanto sia facile farsi credere un esperto in qualsiasi materia ed essere certificato per questo!) e trovando le risorse rubacchiando qua e là e rielaborando il tutto come fossero cose chissà quanto originali. Ti sembra disonesto? Rassegnati: se la pensi così, resterai socio a vita nel club di noi poveri squattrinati!
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    Sono un fotografo e un autore di saggi sulla fotografia (e non solo). Per oltre 15 anni ho collaborato con le più importanti riviste di viaggi e turismo, pubblicando oltre 200 reportage. Oggi mi occupo di fotografia creativa, alternativa e irregolare, sia analogica che digitale, e sono un ricercatore di “cose interessanti” da raccontare, soprattutto nel campo della fotografia, dei luoghi, della natura e dei paesaggi, anche grazie alle tecniche dello Storytelling.


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